La crescente e forte richiesta di latte vaccino registrata sul mercato interno, ha indotto i ricercatori della University of Agricultural and Forestry Science and Technology di Hong Kong a intraprendere la strada della clonazione per poter disporre di esemplari “longevi e ad alto rendimento”, come quelli nati alla vigilia del Festival di Primavera nella regione del Ningxia.
L’annuncio ufficiale della riuscita di un’attività scientifica avviata negli scorsi anni è stato effettuato il 31 gennaio scorso dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie dell’ateneo cinese: “Tre vacche ad alto rendimento e longeve nate grazie alla tecnologia della clonazione di cellule somatiche sono nate una dopo l’altra nella città di Lingwu”. “È la prima volta”, prosegue l’annuncio, “che in Cina si utilizza la tecnologia della clonazione per ripristinare e preservare la conservazione del germoplasma e l’allevamento di eccellenti mucche Holstein, con una produzione di latte di oltre 100 tonnellate in carriera”.
A rilanciare la notizia sono stati tutti i media statali, che hanno accolto l’evento parlando di “una svolta per l’industria lattiero-casearia nazionale, per ridurre la sua dipendenza dagli animali d’importazione”. “I tre vitelli”, riferisce il Ningxia Daily, “allevati da scienziati della Northwest University of Agricultural and Forestry Science and Technology di Hong Kong, sono nati nella regione di Ningxia nelle settimane che hanno preceduto il capodanno lunare del 23 gennaio” .
I mammiferi sono stati clonati da vacche altamente produttive, originarie dei Paesi Bassi. “Gli animali”, hanno precisato i media cinesi, “sono in grado di produrre quasi 1,7 volte in più rispetto alla media delle vacche allevate negli Stati Uniti nel 2021, secondo i dati forniti dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Usa”.
“Il primo dei vitelli clonati è nato il 30 dicembre, con taglio cesareo, a causa delle rilevanti dimensioni: 56,7 chilogrammi”, come riferito da un funzionario della città di Wulin, nel Ningxia, al Technology Daily.
Gli scienziati hanno creato centoventi embrioni, clonati dalle cellule dell’orecchio di vacche altamente produttive, collocandoli poi in vacche surrogate. Lo scienziato responsabile del progetto, Prof. Jin Yaping, ha definito la nascita delle “super vacche” «una svolta che consente alla Repubblica Popolare Cinese di preservare le migliori vacche in un modo economicamente sostenibile». Lo ha riferito in questi termini il quotidiano governativo Global Times, sottolineando che al momento il 70% circa delle vacche da latte cinesi viene importato.
«Abbiamo in programma di impiegare dai due ai tre anni», ha spiegato Jin Yaping, «per mettere a punto una mandria composta da oltre mille super-vacche, come solida base per costruire l’indipendenza della Cina dalle vacche straniere».
I molti dubbi della comunità scientifica occidentale
La tecnica della clonazione animale con finalità alimentari non è di certo nuova. In molti Paesi, Stati Uniti in testa, gli allevatori allevano, seguiti da enti di ricerca, dei cloni derivanti da animali convenzionali, nel tentativo di ottenere specifiche caratteristiche produttive. I risultati raggiunti sinora sono largamente incerti, e una parte del mondo accademico si è pronunciata in maniera critica, per non dire definitiva, circa i risultati auspicabili. A gravare negativamente sulla clonazione con finalità alimentari ci sono vari fattori, primo tra tutti la ridotta longevità degli animali clonati e la loro vulnerabilità alle malattie.
Nel caso cinese, per ottenere queste tre super-vacche, gli scienziati hanno operato ben più di cento tentativi. Commentando la notizia, l’esperta di biotecnologie animali dell’Università di Monaco Tatiana Flisikowska ha sottolineato come «solo il 42% degli embrioni creati poteva essere trasferito in uova di vacche surrogate» e che «dopo duecento giorni di gestazione solo il 17% di queste madri surrogate era ancora incinta di vitelli clonati». «L’efficienza di questa clonazione», se l’operazione si fosse già chiusa, «avrebbe condotto ad appena tre nascite, e quindi sarebbe del 2,5% appena».
Altri scienziati occidentali hanno espresso pareri meno severi, pur parlando di un basso livello di successo. Secondo il responsabile del laboratorio di medicina rigenerativa e biologia dello sviluppo del Francis Crick Institute di Londra, Robin Lovell-Badge, se l’esperimento non fosse ancora concluso (se una parte delle centoventi gestazioni fosse ancora in corso) «sarebbe lecito sperare che l’operazione cinese possa raggiungere un tasso di efficienza compreso tra il 5% e il 10%, in linea con gli standard odierni delle clonazioni animali».
Secondo alcune voci, però, la Cina avrebbe compiuto significativi progressi nel campo della clonazione animale, negli ultimi anni. Il condizionale è d’obbligo visto che sinora una densa cortina di nebbia si è sempre elevata dinanzi ad ogni progetto fallimentare o di scarso successo. Poco è dato sapere, ad esempio, dei vitelli clonati nel 2017 – proprio in Cina – per raggiungere un’elevata resistenza alla tubercolosi bovina.
6 febbraio 2023