
L’ente Parco del Ticino muove passi concreti verso un cambiamento che sa di sano passato, e lo fa con l’intenzione – invero coraggiosa, visti i tempi e i valori correnti – di correggere dei diffusissimi errori nelle abitudini alimentari e nei consumi dei più.
Errori indotti dalle strategie di persuasione di massa volute dalle industrie sin dal Secondo Dopoguerra, quando – per trent’anni e più – gran parte degli alimenti sono stati accolti sulle tavole degli italiani (e non solo) sull’onda di menzogne o di mezze verità: il latte e i formaggi che devono essere bianchi, la margarina vegetale che è più salutare del burro, le sottilette che sono buone e gustose, la carne in scatola che è nutriente e pratica, il dado (glutammato di sodio) che conferisce alle pietanze un sapore più ricco.
C’è poc’altro da aggiungere, se non che sotto quell’incessante e implacabile grandinata di falsità industriali, propagate dai mezzi di comunicazione di massa, molti consumatori hanno formato e diffuso conoscenze errate, infarcite di preconcetti, lacune e considerazioni fallaci, per cui il giallo del buon formaggio da animali al pascolo era – ed è ancor oggi per molti – letto come un elemento negativo (alcuni credono sia un aspetto dovuto all’irrancidimento del prodotto) e non per quello che è, vale a dire un indicatore della presenza di betacarotene (antiossidante) contenuto nelle erbe.
La propaganda operata poi sul concetto di igiene, spinta al punto di far diventare questo aspetto della vita moderna un’ossessione per molti (pensate a tanti giovani padri e mamme con i figli piccoli) ha allontanato ampie frange di consumatori dal mondo rurale, instillando nella gente l’idea che l’industria possa tenere lontane dalle nostre tavole le insidie dovute a batteri e muffe, e che il contadino (ci perdonino gli stomaci deboli), con le sue unghie bordate di nero, vada evitato tanto quanto, se non più della peste.
Un sano ritorno al passato
È su questi presupposti che il suddetto ente parco ha lanciato, mercoledì scorso, 7 giugno, una ricerca di allevamenti e caseifici che siano disposti e in grado di tornare a produrre latti e derivati del latte salutari – gialli, per l’appunto – attraverso un’azione del proprio Ufficio Stampa, che si è ritrovato a “riavvolgere il nastro” sino a scavalcare all’indietro quella malvagia propaganda, tornando ad un ABC alimentare che ci auguriamo faccia breccia nelle coscienze dei consumatori.
“Dall’erba verde che piace alle mucche, al formaggio giallo che fa bene all’uomo”: è questo l’incipit che l’ente Parco del Ticino ha scelto di utilizzare per spiegare le proprie intenzioni alla gente. “È capitato a tutti”, spiega la nota stampa rilanciata da alcune testate locali, “di andare in montagna a fare una bella passeggiata, di incontrare le mucche che brucano tranquille l’erba verde dei pascoli e di portare a casa un bel pezzo di formaggio o di burro saporiti e soprattutto di colore giallo. Poi la domenica sera torniamo in pianura e la settimana seguente andiamo a fare la spesa al supermercato e acquistiamo i formaggi solo se sono belli “bianchi e candidi”, perché il formaggio giallo “è andato a male” e il burro giallo “è rancido””.
Un eloquio che potremmo usare con dei bambini, un interloquire che colpisce il lettore minimamente erudito e che ci auguriamo vivamente riesca a smuovere l’attenzione che la tematica merita di avere.
“Per decenni”, proseguono i comunicatori dell’ente, “questo errato comportamento del consumatore ha “obbligato” i caseifici di pianura a rifiutare il latte delle aziende agricole che alimentavano le vacche con l’erba dei verdi prati e delle marcite del Ticino, erbe ricche di pigmenti caroteni e antociani responsabili della colorazione giallognola del latte. E così oggi le vacche sono alimentate con mais e mangimi industriali a base di soia e cereali che vengono da molto lontano: intanto i verdi prati del Ticino sono diminuiti e le marcite antichissime, fiore all’occhiello dell’agricoltura lombarda, ormai sono quasi scomparse”.
Un cambio di atteggiamento dei consumatori
A portare la questione sul piano delle concrete e coraggiose intenzioni dell’ente parco ci pensa il suo stesso direttore, Claudio De Paola, secondo cui ci troviamo di fronte ad «uno scenario anomalo che deve far riflettere sulla responsabilità che abbiamo come consumatori: una nostra errata abitudine ha cancellato in pochi decenni quello che le generazioni precedenti avevano inventato e mantenuto per secoli».
«L’innovazione», prosegue De Paola, «è fondamentale, ma non ad ogni costo. È sempre più necessario rivalutare una parte del nostro passato agricolo, spesso capace di coniugare produttività e sostenibilità. Un agronomo tedesco (Burger) nel 1843 diceva così della produzione di latte di mucca: “…mentre nella parte settentrionale d’Europa noi non riusciamo al nostro scopo che usando di radici e di bevande stimolanti, e tutto questo con grande spesa, i lombardi l’ottengono senza fatica e meglio di noi con i loro prati a marcita…”». Parole illuminanti che giungono dal passato ad illuminare l’indotta sensibilizzazione verso la questione ambientale, l’agroecologia, la sostenibilità dei consumi.
Il supporto dell’Università di Torino
E così, il DiSAFA (Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari) dell’Università di Torino è giunto a dare manforte all’ente parco, partendo proprio dalla razione alimentare delle vacche da latte, che dev’essere quella dei foraggi polifiti, vale a dire a base di erbe di almeno cinque specie diverse, proveniente da prati e marcite, con erba medica e insilati di erba, da pascolo, laddove possibile, o da erba sfalciata.
Tutto questo (lo sanno bene i nostri lettori più attenti) si riflette in una maggior salubrità del latte e dei suoi derivati – formaggi, burro, yogurt – attraverso un profilo degli acidi grassi insaturi sani, Omega3, Cla, vitamine A ed E, micronutrienti anticolesterolici e antiossidanti. Aspetti che l’ente parco ha deciso di divulgare sia in forma cartacea che attraverso il proprio sito web.
Le aziende che stanno producendo già con erba fresca
A illustrare la situazione in cui il Parco del Ticino si trova, con alcune aziende che hanno mantenuto o reintrodotto questo tipo di alimentazione per le proprie vacche da latte ci pensa il responsabile del Settore Agricoltura del Parco, Michele Bove, che sottolinea come «alcune di esse dispongono di un caseificio aziendale e stanno già valorizzando gli effetti benefici che questo fare ha su latte e formaggi: con queste aziende il Parco già collabora da alcuni anni su questi temi, sia in progettualità specifiche sia con iniziative di comunicazione come ad esempio il video “La marcita”, andato in onda nel 2022 su Geo&Geo di RAI3.
Per fortuna ci sono aziende nel parco ormai pronte a introdurre questi alimenti nella razione delle loro bovine, in forme e con intensità diverse da azienda ad azienda, ma molte ormai mature per fare questo salto di qualità: «Il Parco ne conosce alcune», spiega il consigliere delegato all’agricoltura dell’ente, Silvia Bernini, «che sono situate soprattutto nella zona che va da Magenta fin quasi a Pavia, e le loro pratiche agricole e di allevamento sono state già oggetto di indagine da parte dei tecnici del parco e dei ricercatori dell’Università di Torino con cui il parco ha in essere una convenzione che prevede, fra l’altro, l’assistenza tecnica proprio delle aziende stesse».
AAA caseificio cercasi per produrre “formaggi gialli”
In questo senso, e per completare l’opera, il consigliere Bernini lancia così un messaggio al mondo dei trasformatori: «Cerchiamo un caseificio nel territorio del Parco o nelle immediate vicinanze, disponibile a lavorare il latte di queste aziende per produrre un formaggio giallo, dove l’erba verde torna ad essere protagonista». «È nostro interesse investire in questa filiera corta, perché questo vuol dire aumentare la superficie prativa da cui ottenere i foraggi verdi e quindi migliorare la biodiversità e la tutela dei nostri suoli, riducendo le emissioni di CO2 e l’impatto dell’attività agricola sulle componenti naturali e sul clima che cambia».
«E poi», conclude Bernini, «se questo significa anche portare sulle nostre tavole cibi sani e buoni per l’uomo, abbiamo davvero raggiunto gli obiettivi che come Settore Agricoltura ci siamo posti all’inizio del mio mandato».
14 giugno 2023