
Il formaggio è davvero un prezioso alleato del cervello umano, della sua salute, delle capacità cognitive. A sostenerlo è uno studio condotto da cinque istituti di ricerca dell’Estremo Oriente – uno sudcoreano, capofila, e quattro giapponesi – pubblicato in luglio dalla rivista scientifica “Nutrients” del Mdpi (Multidisciplinary Digital Publishing Institute) e divulgato nei giorni scorsi a livello mondiale.
Il lavoro, che purtroppo ha un titolo lunghissimo [“Inverse Association between Cheese Consumption and Lower Cognitive Function in Japanese Community-Dwelling Older Adults Based on a Cross-Sectional Study” (“Associazione inversa tra consumo di formaggio e funzioni cognitive inferiori negli anziani giapponesi che vivono in comunità sulla base di uno studio trasversale”)] avvalora l’ipotesi che potrebbe esistere una correlazione tra il consumo regolare di formaggio e una migliore salute cognitiva nella popolazione anziana.
Da più gruppi di ricerca, “nel corso degli anni”, sostengono gli studiosi, “si è via via consolidato il nesso tra le abitudini alimentari e il loro impatto sul benessere fisico. Tuttavia, quello tra la salute cognitiva e l’assunzione di cibo rimane un’ambito non del tutto esplorato. I prodotti lattiero-caseari, in particolare il latte e il formaggio, sono stati da sin qui esaminati e alcuni studi ne hanno suggerito benefici protettivi per il cervello, ma all’atto pratico le prove addotte non sono state ancora del tutto coerenti”.
“La modificazione della dieta”, esordisce così l’abstract dello studio, “può contribuire alla prevenzione del declino cognitivo legato all’età. L’associazione tra consumo di derivati del latte e funzione cognitiva negli anziani rimane sconosciuta. Abbiamo studiato se il consumo di formaggio è connesso a una funzione cognitiva inferiore negli anziani che vivono in comunità”. “Questo studio trasversale”, prosegue il testo, ha incluso 1503 adulti di età superiore a 65 anni. I dati analizzati sono stati ottenuti attraverso interviste faccia a faccia e misurazioni delle abilità funzionali”.
Il gruppo di ricerca ha analizzato i dati ottenuti – una volta all’anno e ogni due anni – da individui abitanti a Tokyo. Ognuno di essi è stato sottoposto ad attente valutazioni del modello dietetico personale, con particolare attenzione alle quantità di formaggio assunto e alla frequenza con cui esso è inserito nella dieta di ogni singolo soggetto.
Al centro dell’attenzione degli studiosi è stato posto il rilevante fenomeno dei disturbi cognitivi – la demenza in genere e in particolare l’Alzheimer, la cui incidenza continua ad aumentare nel Paese – per individuare i fattori legati alla dieta e allo stile di vita che potrebbero mitigarne il rischio.
Le capacità cognitive dei soggetti studiati sono state valutate utilizzando il cosiddetto Mmse (Mini-Mental State Examination), un test in trenta punti diffusamente utilizzato per valutare la funzione cognitiva degli anziani. Esso include prove relative ad attenzione, memoria, linguaggio, orientamento e abilità visuali e spaziali.
Dopo una rigorosa analisi dei dati raccolti, tenendo conto di variabili come età, attività fisica e abitudini alimentari generali, i risultati hanno mostrato che i partecipanti più inclini al consumo di formaggio hanno fatto registrare punteggi più elevati al test Mmse, raramente sotto la soglia della sufficienza.
Un’ulteriore valutazione dei dati ottenuti ha permesso inoltre di comprendere che le diete dei consumatori abituali di formaggio in Giappone sono più diversificate, e che la varietà alimentare non influenza la correlazione esistente tra consumo di formaggio e capacità cognitive.
Riferendosi alla varietà dell’alimentazione, gli studiosi hanno sottolineato che “un modello alimentare caratterizzato da un elevato apporto di prodotti a base di verdure, alghe, latte e latticini, insieme a un basso apporto di prodotti a base di cereali, è associato a un ridotto rischio di sviluppare demenza” e in particolare “un elevato consumo di latte e latticini riduce il rischio di sviluppare demenza, e in particolare la demenza di Alzheimer”.
“Recentemente”, proseguono i ricercatori, “è stato scoperto che un elevato apporto di verdure verde scuro, ricche di fillochinone, beta-carotene e alfa-tocoferolo, potrebbe apportare benefici ad alcuni domini cognitivi negli anziani, come l’apprendimento e la memoria”.
Più specificamente sui formaggi, la ricerca ha confermato quanto altri ricercatori in passato hanno indicato, e cioè che:
- il consumo di formaggi viene associato alla velocità di elaborazione delle informazioni ma non alla memoria;
- le donne anziane con lieve deterioramento cognitivo che hanno consumato formaggio stagionato per tre mesi hanno riportato un aumento significativo del fattore neurotrofico derivato dal cervello, senza però raggiungere un miglior punteggio Mmse;
- i dati di follow-up di due anni sull’associazione tra il consumo di latticini e i cambiamenti nella funzione cognitiva non hanno indicato alcuna associazione tra il consumo di latte magro, yogurt, formaggio e latticini fermentati con i cambiamenti delle prestazioni cognitive
Gli scienziati hanno infine aggiunto che le prove esistenti al momento non sono ancora sufficienti per concludere che il consumo di latte e latticini contribuisca a ridurre il rischio di declino cognitivo. “Saranno quindi necessari ulteriori studi”, hanno concluso, “per determinare il ruolo del consumo di latticini nella funzione cognitiva negli anziani”.
Per maggiori approfondimenti si rimanda allo studio in questione, in lingua inglese qui o tradotto in automatico (con Google Translate) in italiano qui.
20 settembre 2023