Da tempi immemorabili, per secoli e secoli, l’attività pastorale ha portato con sé usi e costumi che spesso si sono diversificati in base alle diverse condizioni ambientali e alle tradizioni locali. Usi e costumi che hanno lasciato il segno in vari aspetti del vivere, non ultimo quello agronomico.
Nello studiare questo, il Parco Nazionale della Maiella oggi valorizza la produzione e la diffusione delle varietà orticole locali, attraverso il suo Centro di Conservazione della Biodiversità vegetale, proseguendo uno studio specifico sulle risorse genetiche della famiglia delle Brassicaceae, comunemente dette “broccoletti”.
Le attività di ricerca in questo campo sono state sviluppate in collaborazione nel coordinamento con l’Università dell’Aquila – Dipartimento di Scienze Fisiche – grazie a un finanziamento del Gal “Abruzzo Italico – Alto Sangro”. La parte botanica e agronomica dello studio è stata condotta dai tecnici del Parco coadiuvati dal personale della Società Cooperativa Valleluna (Riserva Naturale Monte Genzana Alto Gizio), con lo scopo di valutare le caratteristiche distintive dell’ecotipo locale denominato Mugnoli (broccoletti) di Pettorano sul Gizio.
Introdotti nell’area di Pettorano dai pastori transumanti di ritorno dalla Puglia,i mugnoli venivano coltivati nell’orto presso lo stazzo di montagna durante il periodo estivo. Questa pratica colturale, molto diffusa nell’area peligna, in particolare i dai pastori di Pettorano è stata diffusamente praticata sino agli Anni ’50, è in talune comunità – come quella pastorale scannese – è tuttora in uso.
In sostanza quindi, grazie all’a.levamento ovino, la coltivazione dei mugnoli si giovava di un terreno ricchissimo di sostanze nutrienti e si è conservata anche dopo l’abbandono della pastorizia transumante, trovando posto lungo il tratturo di Pettorano, nella vallata sottostante il centro storico, favorita anche dalla disponibiltà idrica legata alla presenza del fiume Gizio.
In particolare gli studiosi hanno messo a confronto le varietà locali di cavoli e rape presenti nel Parco – Mugnoli di Pettorano, Rapa dell’Osento di Atessa, Rapa di Guardiagrele, Broccolo riccio di Lama – con gli ecotipi commerciali – Rapa di foglia senza testa, Cima di Rapa Grande Mazartica, Cima di rapa 90° Riccia San Marzano – al fine di effettuare una comparazione morfologica basata sui caratteri Giba (Gruppo Interdisciplinare sulla Biodiversità Agricola) e un confronto eseguito sull’analisi delle foglie, la spettroscopia infrarossa e il profilo dei volatili organici.
Un primo lavoro scientifico, intitolato “Development of a Non-Destructive Tool Based on E-Eye and Agro-Morphological Descriptors for the Characterization and Classification of Different Brassicaceae Landraces” (trad.: “Sviluppo di uno strumento non distruttivo basato su descrittori E-Eye e agro-morfologici per la caratterizzazione e la classificazione di diverse varietà autoctone di Brassicaceae“), che combina la descrizione morfo-agronomica con l’analisi delle immagini delle foglie, è stato pubblicato mesi fa dalla rivista Mdpi “Applied Sciences”.
“Oltre al suddetto studio”, spiega una nota stampa del Parco della Majella, “il confronto preliminare tra i mugnoli di Pettorano sul Gizio e le cime di rapa commerciali mette in evidenza significative differenze nella composizione chimica dei macro-costituenti e nel profilo dei composti volatili.
Secondo il Professor Angelo D’Archivio, coordinatore del gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze Fisiche e Chimiche dell’Università degli Studi dell’Aquila, «Nonostante l’analisi delle immagini non contenga una esplicita informazione chimica sulla composizione delle diverse varietà, è risultata essere una tecnica idonea per la differenziazione del mugnolo di Pettorano sul Gizio dalla cima di rapa». «La possibilità di caratterizzare rapidamente le specie vegetali senza la necessità di una manipolazione preliminare del campione», ha proseguito il ricercatore, «la rende una tecnica adeguata per acquisire un’impronta digitale delle varietà botaniche di interesse e per sviluppare successivamente modelli statistici per l’autenticazione delle varietà locali e per la loro discriminazione da cultivar simili».
«L’elaborazione dei dati acquisiti mediante spettroscopia infrarossa e del profilo dei composti volatili, che saranno oggetto di ulteriori pubblicazioni scientifiche», ha concluso D’Archivio, «consentiranno di identificare le specie molecolari più idonee per la discriminazione varietale».
Un commento è giunto anche dal Direttore del Parco della Majella, Dr. Luciano Di Martino, che ha parlato del raggiungimento di «un risultato concreto, che conferma il ruolo strategico del Parco nella conservazione dei sistemi agricoli tradizionali individuati come determinanti per mantenere importanti equilibri ecologici e paesaggi agrari di straordinario interesse storico e culturale».
11 ottobre 2023
Foto gentilmente concessa da Abruzzo Natural©