Una delle malattie degenerative dei nostri tempi – la sclerosi multipla – avrebbe origini assai lontane – oltre 5mila anni – e arriverebbe a noi dagli Yamnaya, popolazione di pastori nomadi provenienti dall’Asia centrale che si stabilirono nelle steppe del Nord Europa, in un’area a cavallo tra le attuali Ucraina e Russia, sovrapponendosi e sostituendosi nel tempo a cacciatori e raccoglitori locali.
Il corredo cromosomico di questa popolazione fu caratterizzato dalla presenza di una serie di geni che la scienza moderna associa alla predisposizione alla sclerosi multipla. Si tratterebbe di varianti genetiche che un tempo svolgevano un ruolo protettivo (contro le infezioni degli animali allevati), ma che in età moderna sono state legate a fenomeni di decadimento del sistema nervoso centrale.
La scoperta scientifica è stata compiuta da un gruppo di lavoro molto nutrito – ben centosettantacinque ricercatori – composto da dipendenti e collaboratori delle Università di Berkeley (California), Cambridge (Regno Unito) e Copenhagen (Danimarca). Il loro ponderoso lavoro, compiuto analizzando il Dna estratto dalle ossa e dai denti di circa 5mila individui, è stato pubblicato di recente sulla rivista scientifica Nature [titolo originale “Elevated genetic risk for multiple sclerosis emerged in steppe pastoralist populations“; in italiano “Un elevato rischio genetico per la sclerosi multipla è emerso nelle popolazioni pastorali della steppa” (traduzione automatica Google).
Ad essere presi in considerazione dagli studiosi, i reperti di individui vissuti in Asia Centrale e in Europa Nord-occidentale dal Mesolitico al Neolitico alle Età del Bronzo e del Ferro, risalendo a ritroso, sino a 34.000 anni fa.
Questa grande quantità di profili genetici è stata messa a disposizione grazie alla banca dati della Lundbeck Foundation GeoGenetics Centre di Copenhagen. I risultati ottenuti, confrontati con i dati genetici di 400mila individui contemporanei conservati dalla Uk Biobank (importante database medico britannico) hanno permesso di individuare la presenza delle stesse varianti genetiche associate alla sclerosi multipla anche in individui vissuti migliaia di anni fa.
La sclerosi multipla: cos’è e come evolve
La sclerosi multipla è una patologia infiammatoria del sistema nervoso centrale che può insorgere tanto nei giovani quanto tra gli adulti (in genere tra i 20 e i 40 anni di età), in prevalenza donne (66% ca.; uomini 33% ca.). A caratterizzarla è la perdita di mielina, una sostanza che riveste parte delle fibre nervose di cervello e midollo spinale. La perdita di mielina tendenzialmente determina gravi danni e formazione di lesioni che evolvono da una fase infiammatoria iniziale a una fase cronica in cui – osservate al microscopio – assumono caratteristiche simili a indurimenti cicatriziali, da cui deriva il termine “sclerosi“.
L’evoluzione della malattia è molto variabile: “La forma più comune”, spiegano i responsabili dell’Ospedale Humanitas di Milano, “è caratterizzata da fasi in cui la patologia si manifesta intervallata da fasi di remissione di diversa durata. Nelle prime fasi della malattia la regressione dei segni risulta pressoché completa, ma con il passare del tempo i sintomi persistono sempre più a lungo dando vita a invalidità progressiva”.
Le cause sinora presunte
Al momento le cause che scatenano la sclerosi multipla sono ufficialmente sconosciute. La malattia è classificata tra quelle autoimmuni, in quanto alla base della perdita di mielina c’è un’alterazione nella risposta del sistema immunitario che attaccherebbe la mielina, come se fosse un agente esterno da combattere.
Ad ogni modo alcuni dei fattori ritenuti da tempo rilevanti nell’insorgenza della patologia potrebbero incrociarsi bene con le conclusioni della nuova ricerca, e in particolare l’etnia, già che l’origine “caucasica” determinerebbe una maggiore predisposizione verso la malattia.
17 gennaio 2024