Da diversi anni ci troviamo ad affrontare una sfida sempre più impegnativa: quella a cui ci costringe il cambiamento climatico, con l’aumento di temperature e siccità. Una situazione particolarmente pressante per agricoltori e allevatori – soprattutto quelli estensivi – che minaccia la disponibilità delle risorse alimentari, e più in particolare la sostenibilità del bestiame al pascolo e il sostentamento delle comunità rurali, in particolare di quelle che vivono nelle aree marginali.
Considerata l’importanza economica dell’allevamento nel Mediterraneo, se questi effetti persisteranno come previsto dagli scenari Ipcc (Intergovernmental Panel of Climate Change, in italiano: Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico), la sicurezza alimentare in quell’area sarà a rischio, mettendo a repentaglio i piccoli sistemi di allevamento tradizionale su larga scala che non dispongono né delle infrastrutture di base necessarie per una gestione efficiente del bestiame, né di sistemi di allarme rapido per affrontare il problema con il necessario anticipo.
La capra, animale ideale per affrontare i cambiamenti climatici
Secondo recenti studi scientifici, tra tutti gli animali comunemente allevati, la specie caprina è quella che ha dimostrato di poter fornire la soluzione per affrontare queste sfide ambientali in aree particolarmente svantaggiate come il Mediterraneo. Rispetto ad altre specie animali, la capra è caratterizzata da un’elevata resilienza, in grado di tollerare molto bene sia il caldo che una ridotta disponibilità idrica.
Apprezzata per la sua capacità di sopravvivere anche su pascoli poveri e per la sua elevata resistenza alle malattie, la capra rappresenta per il genere umano una fonte di proteine animali – carne, latte e relativi derivati – che permettono di contenere la malnutrizione umana nelle aree più marginali, in cui altri sistemi di allevamento non sono realizzabili. Di conseguenza rappresentano la specie animale idonea ad affrontare i cambiamenti climatici, sostenendo la società agro-pastorale.
Ma non solo, perché il consumo di prodotti caprini garantisce al genere umano molti vantaggi rispetto a quelli di altre specie: per il basso contenuto di grassi, per il profilo degli acidi grassi particolarmente sano, per la migliore tollerabilità e digeribilità. Un’opzione alimentare che potrebbe quindi offrirci una parte della soluzione per ridurre le malattie metaboliche che affliggono la nostra specie.
Il progetto MedGoat
Sulla base di queste caratteristiche, lo spagnolo Igm (Instituto de Ganaderia de Montaña), centro congiunto tra l’Universidad de León e il Csic (Consejo Superior de Investigaciones Científicas), ha lanciato nei giorni scorsi il progetto MedGoat, che si occupa di “caratterizzazione dei sistemi di produzione caprina e strategie per migliorarli nel cambiamento di scenario climatico della regione mediterranea”.
Il progetto, a cui partecipano partner scientifici di diversi Paesi (Francia, Italia, Marocco, Portogallo, Tunisia, oltre alla Spagna), ha tra i suoi obiettivi il supporto ad un’agricoltura agropastorale sostenibile e ad un uso razionale dei terreni agropastorali. Obiettivi che si esprimono in tre principali modalità: rafforzando la conoscenza delle razze caprine locali per la loro resilienza climatica e la promozione dell’uso di queste razze specifiche nella regione mediterranea; valutando il potenziale di tali razze caprine (in una prospettiva di potenziamento della biodiversità, di sfruttamento della loro resistenza agli effetti dei cambiamenti climatici e di miglioramento dei sistemi di gestione degli animali, in particolare le pratiche di alimentazione) per affrontare le sfide climatiche e ridurre l’impronta idrica dell’allevamento (in un approccio di bioeconomia circolare); e infine valutando l’impatto del contributo di risorse foraggere non convenzionali (p.e.: cactus, ulivo, datteri), fonti di azoto non proteico (p.e.: urea, nitrati) e piante locali che possono essere valorizzate sul piano ambientale (per l’impatto dei sistemi di allevamento) e sul piano della produttività della capra e della sua salute.
Al lavoro per migliorare la conservazione dei prodotti
Le sperimentazioni previste dal progetto consentiranno di caratterizzare la qualità del latte e della carne e di sviluppare delle possibili innovazioni tese a ottimizzare la loro conservazione. MedGoat implementerà un approccio multidisciplinare interconnesso che riunirà attori accademici e non accademici, inclusi allevatori e produttori industriali (tredici partner in totale) provenienti dai sei Paesi coinvolti. Un approccio che coprirà diverse discipline: allevamento, nutrizione, salute animale e umana, benessere degli animali, sociologia ed economia.
Grazie al supporto tecnico di uno dei più importanti centri di riferimento nello studio del mondo caprino – l’Icar, istituto nazionale indiano per la nutrizione e la fisiologia animale di Bangalore – “MedGoat adotterà”, spiegano i responsabili del progetto, “un modello tecnologico e organizzativo di collaborazione multi-stakeholder che punterà ad una produzione caprina sostenibile, tesa a garantire la sicurezza alimentare e la sostenibilità nelle regioni del Mediterraneo”.
“MedGoat inoltre”, hanno assicurato i suoi responsabili, “risponderà alle raccomandazioni della Fao per quanto concerne la sicurezza dei mezzi di sussistenza degli agricoltori nelle zone rurali, in particolare quella delle donne”, che sono storicamente le principali detentrici dei piccoli ruminanti nelle regioni del Mediterraneo.
22 maggio 2024