Allarme dell’Institut Pasteur di Parigi: “Latti e formaggi vegani a forte rischio listeria”

Listeria monocytogenes in una capsula di Petri
Listeria monocytogenes – foto Ajay Kumar Chaurasiya – Creative Commons License©

A poco meno di un anno dai forti dubbi sollevati dall’Inrae (Institut National de la Recherche Agronomique Environnement) sulla salubrità dei cosiddetti “latti” vegetali, è oggi l’Institut Pasteur di Parigi ad allertare il mondo dei consumi sui forti rischi di contaminazione a cui le suddette bevande vanno incontro.

Motivo dell’allarme, ancora una volta, è la proliferazione dei batteri – in particolare la Listeria monocytogenes – che in queste bevande e nei prodotti derivati avviene molto rapidamente. Allertati su questo rischio, i ricercatori dell’Institut Pasteur monitorano da tempo la situazione, coordinandosi con i colleghi del Centro nazionale di riferimento per la Listeria, il Public Health France e la Direzione generale dell’Alimentazione.

L’attività di controllo ha permesso di sapere ad esempio che nel periodo compreso tra l’aprile e il dicembre del 2022 quattro donne incinte e una persona immunocompromessa sono state infettate in Francia dal batterio Listeria monocytogenes assunto consumando prodotti di origine vegetale e contraendo forme gravi di listeriosi.

L’allerta, estesa a livello europeo, ha portato all’individuazione di altri casi di questa grave infezione, tre dei quali risultati assai seri, occorsi ad una donna incinta in Germania, ad un neonato da madre infetta nei Paesi Bassi e a un bambino di tre anni in Belgio. Tre infezioni dovute al consumo di “formaggi” vegani contaminati.

Nel darne comunicazione, l’Institut Pasteur sottolinea come l’esposizione delle persone infette ai prodotti incriminati è stata dimostrata a livello epidemiologico, portando quindi al richiamo dei prodotti dal mercato e all’avviso di rischio, indirizzato ai consumatori tramite il sistema mediatico dei Paesi interessati.

Successivamente, uno studio effettuato presso la Munster Technological University di Cork, in Irlanda, ha permesso di confrontare la proliferazione di Listeria monocytogenes sia nel latte di noci che nel latte vaccino, dimostrando che il batterio prolifera molto più rapidamente nel “latte” di origine vegetale rispetto a quanto avvenga in quello vaccino. Questo dipenderebbe da alcune proprietà fisico-chimiche specifiche dei prodotti vegetali, prima tra tutte il loro pH.

A questo proposito i ricercatori sottolineano come i focolai rilevati in Europa, al pari della contaminazione da salmonella registrata nei “formaggi” vegani negli Stati Uniti nel febbraio scorso, evidenziano la mancanza di dati sulla contaminazione dei prodotti vegani da parte di agenti patogeni di origine alimentare. In questo senso il mondo scientifico avrà ancora molto da lavorare – e si spera lo faccia prontamente – per sollecitare i legislatori ad intervenire preventivamente su una criticità non da poco.

Un altro fronte su cui sarà necessario intervenire è quello della percezione che molti consumatori hanno circa una presunta salubrità dei prodotti in questione, generata dall’enfasi con cui molti giornali e sedicenti esperti ne parlano. Se da un canto si può rispettare l’idea di una produzione che non attinge materia prima dal mondo animale, dall’altro va respinta l’equazione secondo cui questi prodotti sarebbero la miglior soluzione per alimentare il genere umano e rispettare il pianeta. Un concetto totalmente falso, da confutare con forza ed urgenza.

29 maggio 2024