In rapida e preoccupante espansione, in Italia come in molti altri Paesi dell’Ue, per il protrarsi dello stato di protezione conseguito quando era a rischio di estinzione, il lupo rimane tra i protagonisti assoluti delle cronache di questi giorni più per la recrudescenza delle predazioni di cui è protagonista – con il ritorno delle greggi al pascolo – che per vicende per lui infauste.
A dedicargli un interessante, divertente nonché autorevole articolo, la settimana scorsa, è stato il sito web del Gruppo di Intervento Giuridico (GrIG), associazione riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente, che riferisce di improbabili e – a quanto pare – insistenti richieste di “reintroduzione” del lupo in Sardegna. Molti di voi – immaginiamo – saranno rimasti di sasso nel leggere quanto sin qui scritto, ma non c’è nulla di errato né da parte nostra né della suddetta associazione.
L’articolo, intitolato “Il Lupo in Sardegna? Non sembra proprio il caso” narra delle molte richieste giunte all’associazione per favorire la reintroduzione del lupo (canis lupus) in Sardegna, al fine di contenere l’espansione del cinghiale (sus scrofa meridionalis), del daino (dama dama) e del cervo sardo (cervus elaphus corsicanus), che tanti danni stanno arrecando all’agricoltura dell’isola.
“Sgombriamo il campo”, esordisce il pezzo, “da qualsiasi equivoco: non vi sono prove scientifiche di esistenza del Lupo in Sardegna, nemmeno in epoca risalente. Nessuna, nemmeno un fossile”.
“L’unico canide lupino mai esistito in Sardegna è stato il Cynotherium sardous, una sorta di piccolo lupo diffuso in Sardegna e in Corsica nel Pleistocene, giunto nelle Isole in una fase di regressione marina durante una glaciazione”.
Il carnivoro, che nulla ha a che fare – neanche lontanamente – con alcuna specie di, lupo presente in Italia e in Europa, “visse”, spiega il pezzo “fra i 40mila e i 10mila anni fa: uno scheletro completo è stato rinvenuto alla Dragunara, sul litorale di Alghero (SS) ed è stato oggetto di esposizione scientifico-didattica”.
L’articolo, che spiega la differenza tra reintroduzioni e reintroduzioni – alcune avvenute nella notte dei tempi per scopi alimentari e venatorie e altre a detta dell’autore mai effettuate da alcuno, precisa quanto contenuto nel Decreto Ministeriale n.31 del 19 gennaio 2015, che “individua come parautoctone quelle specie animali o vegetali che, pur non essendo originarie del territorio italiano, vi siano giunte – per intervento diretto intenzionale o involontario dell’uomo – e quindi naturalizzate in un periodo storico antico (anteriormente al 1500 DC) , o che siano state introdotte e naturalizzate in altri paesi prima del 1500 DC e siano successivamente arrivate in Italia attraverso naturali fenomeni di espansione”.
“In Italia”, precisa l’articolo, “è comunque vigente in via generale il divieto di immissione di specie non autoctone (art. 12 del D.P.R. n. 357/1997 e s.m.i.) e vi sono specifiche linee guida Ispra per le reintroduzioni o le immissioni in quei pochi casi in cui siano ritenute possibili”.
Il pezzo si conclude con un secco e motivato “no” a chi auspichi una reintroduzione del lupo laddove esso non è mai stato presente (ci mancherebbe altro!) e aggiunge semplicemente che “non sembra proprio il caso di introdurre il Lupo in Sardegna”.
Affermazioni sicuramente non gradite all’estremismo animalista, che suoneranno come musica per le orecchie dei pastori sardi. A cui di lupi bastano quelli a due gambe, che da sempre dettano legge nel settore lattiero-caseario.
19 giugno 2024