Il latte è fonte preziosa di iodio: peccato che lo sappiano in pochi

Latte
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Lo iodio, minerale essenziale per la salute umana, svolge un ruolo cruciale nella produzione degli ormoni tiroidei, che sono responsabili del corretto funzionamento di molti organi e tessuti corporei e regolano il metabolismo e lo sviluppo cognitivo. Una carenza di iodio può avere conseguenze gravi, specialmente durante la gravidanza e l’infanzia, portando a disturbi dell’accrescimento e dello sviluppo neurologico e più in generale a disfunzioni metaboliche. In taluni casi può indurre ritardo mentale.

La dose giornaliera di iodio raccomandata (RDA) per gli adulti è di 150 microgrammi; nella donna in gravidanza e in allattamento la dose è rispettivamente di 220 e 290 microgrammi. Vari studi scientifici, condotti in Paesi occidentali, dimostrano che l’assunzione di iodio starebbe via via diminuendo. In particolare, il 6,7% delle donne gravide coinvolte negli studi ed il 14,5% delle donne in età fertile hanno mostrato preoccupanti carenze di questo minerale. Da alcuni anni a questa parte, molti Stati hanno adottato iniziative tese a sopperire a questa carenza: in Italia da tempo sono stati incentivati la diffusione e il consumo del sale iodato per uso alimentare tant’è che nel 2005 il Parlamento Italiano promulgò una legge denominata “Disposizioni finalizzate alla prevenzione del gozzo endemico e di altre patologie da carenza iodica“.

Lo iodio nel cibo

Il contenuto di iodio presente negli alimenti dipende dall’habitat da cui deriva il prodotto. Pesce, molluschi e alghe marine sono molto ricchi di iodio in quanto ne è ricca l’acqua del mare. Anche il latte e i prodotti derivati presentano discrete quantità di iodio, in quanto esso viene largamente utilizzato nei mangimi come conservante.

Tuttavia, nonostante gli sforzi operati dagli Stati, la consapevolezza dei consumatori sulla necessità di assumere sufficienti quantità di iodio è rimasta sorprendentemente bassa.

Uno studio internazionale (“Low public awareness opens up new opportunities for highlighting milk as an iodine dietary source”), pubblicato martedì 10 settembre scorso sul Journal of Dairy Science (trad. Google: “La scarsa consapevolezza pubblica apre nuove opportunità per evidenziare il latte come fonte alimentare di iodio”) ha rivelato un dato sconcertante: il latte, un alimento di consumo quotidiano in molte parti del mondo, è spesso sottovalutato come fonte di iodio. 

Il sondaggio su cui si è  basato lo studio ha coinvolto oltre 4.700 consumatori di sedici Paesi in America, Europa, Asia e Oceania, i risultati hanno indicato che più in generale gli intervistati non erano ben informati sulle fonti alimentari di iodio.

“La prima ragione” di questa diffusa lacuna, spiegano i ricercatori, “potrebbe risiedere nella natura stessa dello iodio: un minerale essenziale ma poco conosciuto dal grande pubblico”. Inoltre, le informazioni nutrizionali spesso si concentrano sui macronutrienti come proteine e carboidrati, trascurando l’importanza dei micronutrienti essenziali, come lo iodio.

Indipendentemente dall’età, dal livello di istruzione e dallo stato occupazionale, gli intervistati hanno dimostrato di non sapere che il latte è una fonte rilevante di iodio. La gran parte di essi ha indicato il pesce, i frutti di mare (corretto), i cereali e la carne (errato) come alimenti ricchi del prezioso minerale.

“Un altro fattore che potrebbe influenzare la percezione dei consumatori”, spiegano gli studiosi, “è la variabilità geografica: la consapevolezza dell’importanza del latte come fonte di iodio varia molto da un Paese all’altro, influenzata da fattori culturali, dietetici e dalle campagne informative locali”.

Per quanto siano ancora dei buoni consumatori di latte, gli abitanti dell’Europa settentrionale e occidentale risultano sorprendentemente i meno consapevoli, mentre i quelli nordamericani hanno palesato il maggior livello di conoscenza sull’argomento, seguiti da quelli dell’America Latina, dell’Asia, dell’Europa meridionale e dell’Oceania.

“La scarsa consapevolezza su quanto il latte e dei prodotti lattiero-caseari siano importanti fonti di iodio alimentare”, hanno sottolineato gli studiosi, “suggerisce che in generale la conoscenza dello iodio non sia diffusa”. “Tra le cause di questo fenomeno”, hanno proseguito, “una scarsa circolazione delle informazioni sullo iodio, che troppo spesso sono limitate alle pubblicazioni scientifiche”. Tecnici, esperti, medici di base e operatori dell’informazione dovranno fare di più per colmare questo gap, divulgando il loro sapere.

18 settembre 2024