La lotta alle frodi alimentari si combatterà con l’intelligenza artificiale

Cisterne di latte
I ricercatori statunitensi hanno analizzato il latte sin dal suo primo stoccaggio – foto Penn State University©

La crescente conoscenza della componente microbica nei prodotti alimentari – in relazione alla loro qualità e sicurezza – e l’utilizzo ormai consolidato degli algoritmi informatici, utilizzati per il rilevamento delle anomalie nei più disparati scenari, suggeriscono che l’applicazione dei dati relativi al microbioma nei sistemi di produzione alimentare (ad esempio per il rilevamento di anomalie) potrebbe garantire un approccio tanto innovativo quanto prezioso da utilizzare nei sistemi alimentari.

Combinando il sequenziamento genetico e le analisi dei microbi presenti in un campione di latte alimentare attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale, un gruppo di studio – composto da ricercatori di Penn State University, Cornell University e Ibm Research – ha dimostrato che è possibile rilevare le eventuali anomalie in ogni fase della filiera produttiva: dalla mungitura al confezionamento, al mercato, tanto per eventuali contaminazioni avvenute all’origine o nelle fasi di trasformazione, quanto per la presenza di additivi non autorizzati o inquinanti.

Nuovi metodi di indagine potrebbero quindi essere utilizzati sia per identificare il discostamento del prodotto dalla sua normale composizione microbica, sia le eventuali frodi alimentari e i più disparati problemi di sicurezza.

L’obiettivo dello studio, intitolato “Development and evaluation of statistical and artificial intelligence approaches with microbial shotgun metagenomics data as an untargeted screening tool for use in food production” (in italiano, con Google Translate: “Sviluppo e valutazione di approcci statistici e di intelligenza artificiale con dati di metagenomica microbica come strumento di screening non mirato per l’uso nella produzione alimentare“) e pubblicato giovedì 10 ottobre scorso dal sito web del’American Society for Mycrobiology (Asm Journal) era quello di valutare quanto possibile fosse utilizzare gli algoritmi nel rilevamento delle anomalie prendendo a campione del latte crudo come modello di partenza. 

L’intelligenza artificiale al servizio della sicurezza alimentare

Presentando la ricerca, gli studiosi hanno riferito che, utilizzando i dati di metagenomica e l’intelligenza artificiale, sono stati in grado di individuare tra vari campioni di latte quello a cui era stato aggiunto dell’antibiotico. Ad ulteriore conferma delle loro deduzioni, i ricercatori hanno poi applicato l’intelligenza artificiale ad un set di dati sequenziati geneticamente, provenienti da campioni di latte in grandi quantità, dimostrando ulteriormente l’affidabilità dell’approccio non mirato.

“I problemi di qualità e sicurezza alimentare”, spiegano i responsabili dello studio, “possono avere effetti a catena lungo la filiera, causando danni sostanziali alla salute e all’economia. Per questo motivo, c’è un notevole interesse nell’applicare metodi mirati e non mirati per identificare ingredienti o prodotti alimentari che presentano un rischio maggiore di frode alimentare, o problemi di qualità e di sicurezza alimentare”.

Mentre i metodi mirati, come il rilevamento di tossine, agenti patogeni o ingredienti inappropriati (ad esempio, carne di cavallo in un prodotto etichettato come manzo), svolgono un ruolo importante nel garantire la sicurezza e la qualità alimentare e nel prevenire le frodi alimentari, essi, per definizione, hanno una serie di obiettivi predefiniti. Al contrario, i metodi non mirati caratterizzano tutte le molecole che possono essere rilevate da un metodo specifico (ad esempio, spettri chimici e sequenze di Dna) per identificare ingredienti o prodotti che si discostano da uno “stato di base” (che sarebbe considerato normale o sotto controllo) e quindi sarebbero etichettati come “anomali”.

“È importante sottolineare”, precisano i ricercatori, “che quelli non mirati sono metodi di screening che non definiscono un ingrediente o un prodotto come non sicuro o adulterato, piuttosto suggeriscono un’aberrazione dallo stato normale che dovrebbe innescare azioni di follow-up o indagini (ad esempio, test mirati, ispezione della struttura di origine, ecc.) per identificare se ci sono preoccupazioni giustificate o se l'”anomalia” rilevata rappresenta una variazione naturale che non era coperta nello stato di base”.

Il latte: un modello ideale per il controllo di qualità

“Mentre questi metodi possono essere estremamente efficaci nel rilevare potenziali problemi”, proseguono gli studiosi, “richiedono approcci di analisi dei dati sofisticati per caratterizzare le condizioni di base e consentire il rilevamento delle anomalie. In questo lavoro, il latte crudo bovino è stato selezionato come ingrediente modello per sviluppare metodi statistici migliorati in grado di utilizzare i dati di metagenomica come screening per identificare il latte crudo che mostra prove di anomalie del prodotto e deviazioni dalle condizioni di base”.

“Il latte”, hanno spiegato i responsabili della ricerca, “è stato scelto come modello in quanto è l’unico ingrediente utilizzato per la produzione di latte alimentare, prodotto in alti volumi con notevoli preoccupazioni per le possibili frodi, in particolare nei Paesi in via di sviluppo”. Oltre a questo, il latte è un ingrediente da cui si ricavano un’ampia varietà di  prodotti derivati, con un’incidenza considerevole della qualità della materia prima – il latte crudo – sulla qualità del prodotto finito, sulla sua sicurezza e sull’efficienza produttiva.

Certo che non esistono solo il latte e il lattiero-caseario, e che le filiere alimentari sono tante e altamente complesse, con una moltitudine di passaggi di mano (agricoltori, commercianti, trasportatori, trasformatori, ecc.) e di trasformazioni prima che si raggiunga il prodotto finito. A causa di ciò ogni passaggio può potenzialmente incidere sulla qualità e sulla sicurezza.

Il microbioma, impronta digitale degli alimenti

Pertanto, mentre questo e altri studi stanno gettando le basi per l’uso del microbioma e dell’intelligenza artificiale nella produzione alimentare tutta, l’adozione di questi approcci nelle varie filiere permetterà di perfezionare e rendere sempre più affidabile una prospettiva analitica e metodologica come  questa.

“Il nostro obiettivo”, sottolineano gli studiosi, “era quello di ampliare le crescenti prove che il microbioma può essere utilizzato come indicatore rilevante tramite un’applicazione nel latte alimentare, con l’ipotesi che potrebbe essere anche usato per identificare il latte crudo di un’azienda agricola “x”, diverso da quello di un’azienda agricola “y” (simulando l’introduzione di un fornitore sconosciuto o non approvato in una data produzione) come anche di latte crudo che include latte di vacche affette da mastite, trattate con antibiotici.

In sostanza “lo studio”, assicurano i ricercatori, “fornisce progressi nell’applicazione dell’apprendimento automatico che possono essere adottati dall’industria alimentare”.

23 ottobre 2024

Sequenziamento genetico