Mentre gli Stati Uniti d’America fanno i conti con l’espandersi dell’influenza aviaria, che negli ultimi giorni ha fatto registrare nuovi casi tra gli umani (quarantuno in totale, ad oggi) e il salto di specie tra i suini (che preoccupa molto, aumentando il rischio di trasmissibilità alla specie umana), oltre che tra bovini e caprini, è notizia di poche ore fa che un allevamento di pollame dello Yorkshire, in Inghilterra, è interessato dalla contaminazione.
A riferirlo è la stampa locale, che precisa che il piano di abbattimento è stato già definito, una zona di protezione di 3 chilometri di raggio è stata istituita attorno all’azienda interessata, che ha sede nei pressi del villaggio di Hornsea. Dalle analisi effettuate dal Defra (Department of Environment, Food and Rural Affairs) si tratterebbe di un ceppo H5N5, ad alta patogenicità, già rintracciato negli ultimi mesi in uccelli selvatici.
Nel frattempo la UK Health Security Agency (Agenzia per la Sicurezza Sanitaria del Regno Unito) ha comunicato che il rischio per la salute dei cittadini è molto basso, allo stesso modo in cui è contenuto per chi consumi carni e uova, se ben cotti.
In Italia al momento si registrano ventinove focolai altamente patogeni tra i selvatici (14 in Veneto, 7 in Friuli, 5 in Emilia Romagna, 3 in Lombardia), cinque dei quali estinti, con un’impennata dei casi nel mese di ottobre (23) e 14 nel pollame, di cui 9 già estinti. I cinque ancora attivi si trovano nelle province di Ferrara (4) e Udine (1) e sono attualmente sotto controllo.
L’influenza aviaria in Europa
Per risalire a situazioni particolarmente critiche nel Vecchio Continente dobbiamo risalire al 2022, anno in cui centinaia di focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità vennero registrati sia nel pollame che nei volatici in libertà in Ungheria, Olanda, Slovacchia, Germania, Croazia, Bulgaria e Francia. In tutti i casi, come da profilassi pubblica, vennero istituite zone di protezione e di sorveglianza attorno a tali focolai.
6 novembre 2024