Un gruppo di ricerca composto da studiosi di diversi atenei ed enti scientifici europei (Johannes Gutenberg University di Mainz, Germania; University of Bristol, Bristol, Gran Bretagna, Muséum National d’Histoire Naturelle di Parigi, Francia; Kiel University di Kiel, e altri) ha di recente pubblicato sul sito web della rivista scientifica “Nature” una ricerca intitolata “Diverse prehistoric cattle husbandry strategies in the forests of Central Europe” (trad. con Google: “Diverse strategie preistoriche di allevamento del bestiame nelle foreste dell’Europa centrale“), che apre una finestra sulle diverse tecniche di pascolamento praticate già 6.000 anni prima di Cristo, in diverse condizioni ambientali, orografiche e climatiche. E sul ruolo che gli alberi foraggeri hanno ricoperto nell’alimentazione animale.
Lo studio è stato condotto su più di 2mila misurazioni isotopiche stabili effettuate su denti, ossa e altri reperti di bestiame allevato, rivelando come i pastori pionieri hanno adattato le loro tecniche di pascolamento nel variegato paesaggio boschivo dell’Europa Centrale.
Guidato dalla Dr.ssa Rosalind E. Gillis, ricercatrice dell’Istituto Archeologico Tedesco di Berlino, lo studio evidenzia un’intrigante pratica di allevamento diffusa già migliaia di anni fa: consentire agli animali l’accesso agli alberi nell’ambito del pascolamento, ma anche garantire loro in inverno il nutrimento con foglie raccolte dalla primavera all’autunno.
Questa pratica non solo ha migliorato la salute delle vacche e degli altri animali, ma ha anche aumentato significativamente la produzione di latte, ha stabilizzato la stagione dei parti e collocato le nascite dei vitelli nella tarda primavera, garantendo di conseguenza il latte alle comunità pastorali durante i mesi più freddi.
“Durante il sesto millennio A.C.”, spiegano i ricercatori nell’abstract dello studio, “i primi agricoltori dell’Europa centrale si espansero rapidamente attraverso un variegato mosaico di ambienti boschivi. Tali ambienti avrebbero offerto agli animali sia dei ripari che delle importanti fonti foraggere, ricche di minerali”. A questo punto nasce spontanea la domanda: “Sino a che punto i primi allevatori sfruttavano le foreste per allevare le loro mandrie?”
“Per rispondere a questo quesito”, spiegano gli studiosi, “abbiamo assemblato set di dati multiregionali, comprendenti valori di isotopi stabili di massa e composti specifici da resti zooarcheologici e ceramiche. E abbiamo condotto analisi di correlazione incrociata all’interno di un quadro paleo-ambientale”.
“I nostri risultati”, proseguono i ricercatori, “rivelano una grande varietà di strategie di pascolo adottate dai primi allevatori, con una notevole enfasi posta nell’uso intensivo delle foreste per il pascolo e il foraggio stagionale in alcune regioni”.
La sperimentazione effettuata dai primi allevatori – che usarono foraggi tipici delle foreste – avrebbe migliorato la fertilità degli animali e la resa del latte per il consumo umano, contribuendo contemporaneamente all’espansione degli insediamenti agricoli preistorici e alla trasformazione degli ecosistemi forestali.
“Il nostro studio, proseguono i ricercatori, “sottolinea l’intricata relazione che esisteva tra i primi allevatori e i paesaggi boschivi, facendo luce sulle dinamiche adattive che hanno plasmato gli esseri umani, gli animali e gli ambienti”.
20 novembre 2024
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