
I ripetuti casi di Seu – dovuti a formaggi trentini a latte crudo non sufficientemente stagionati (un aspetto su cui indaga la Procura della Repubblica di Trento) e contaminati da Escherichia coli Stec – e le due proposte di legge in materia di etichettatura, presentate il 7 novembre e il 5 dicembre alla Camera dei Deputati, hanno tenuto banco la scorsa settimana sui principali giornali e siti web italiani.
A sorprendere tra tutti è stato l’articolo “Formaggi a latte crudo, le precauzioni da rispettare”, pubblicato martedì 14 sul sito web della Confcommercio del Trentino, firmato dall’Ufficio Stampa della confederazione, caratterizzato da un taglio divulgativo e rivolto, naturalmente, ai propri iscritti. Un articolo che appare come un intervento formale per niente incisivo, che ai più sarà sembrato apprezzabile ma che risulta tardivo e incompleto.
Tardivo perché giunge a più di un anno di distanza (era il 4 ottobre del 2023) dal servizio con cui la trasmissione “Mi manda RaiTre” svelava la gravissima inadeguatezza di alcuni rivenditori al dettaglio di Trento (e chissà in quante altre province italiane ce ne sono, ndr). Questi, interrogati da una giornalista presentatasi nei negozi sotto mentite spoglie (videocamera e microfono nascosti) affermarono che i formaggi a latte crudo freschi possono essere somministrati ai bambini. A sollecitare il dovuto intervento da parte di Confcommercio giunse, a poche settimane di distanza un nostro pezzo, il cui titolo (“Bambini, formaggi ed escherichia coli: Confcommercio Trentino interverrà sull’ignoranza dei bottegai associati?”) si riferiva ai soli rivenditori “smascherati” dalla suddetta trasmissione televisiva, e intendeva spronare la confederazione a risolvere il grave gap di conoscenza di alcuni suoi iscritti e del relativo personale.
Incompleto perché non tratta in alcun modo la questione cruciale riguardante la stagionatura dei medesimi formaggi (solo i freschi sono potenziali vettori di zoonosi) e perché al momento non ci risulta che l’ente abbia promosso le necessarie azioni formative nei confronti della categoria. Troppo ottimistico sarebbe pensare che con un semplice articolo (e allo stesso modo se venissero operate altre azioni basate sull’uso della sola parola, peraltro senza riscontro di quanto il messaggio sia arrivato a destinazione) si possano formare le conoscenze, portando i risultati che altri metodi di comunicazione – gli audiovisivi, ad esempio – sono in grado di conseguire più efficacemente.
La situazione è assai critica: sono in gioco la salute pubblica, classi sociali deboli (bambini, donne incinte, anziani, soggetti immunodepressi) e per le negligenze di alcuni un bambino è in stato vegetativo irreversibile e altri sono morti, negli anni (uno a Genova, l’estate scorsa, una dopo aver mangiato un gelato in Puglia nel 2017, e altri ancora). È giunto il momento che ognuno faccia la sua parte: che la Provincia autonoma di Trento viaggi spedita verso l’annunciata rifondazione della propria zootecnia da latte, che i controllori controllino con il giusto rigore, che i rivenditori – a tutti i livelli – sappiano cosa stanno vendendo. E che il loro sapere venga attivamente verificato (attraverso dei questionari, ad esempio) e certificato prima di essere trasferito ai consumatori.
Questo perché – è evidente – le future etichette con i giusti messaggi in merito alla criticità dei formaggi a latte crudo freschi andranno supportate da un’informazione verbale e scritta – ma non solo – operata e reiterata attraverso i più disparati media e i diversi “attori” della filiera alimentare.
22 gennaio 2025