L’aviaria è tra noi: 4 concetti-chiave dalla Fao per non trascurare il rischio

Pollame e ovini nella stessa stalla
foto Unsplash – Stephen Mease©

In quindici mesi l’influenza aviaria ne ha fatta di strada, dalla fine di marzo del 2024, partendo da poche stalle di bovine da latte degli Usa e propagandosi poi in un numero sempre maggiore di allevamenti di quel Paese, ma compiendo anche diversi salti di specie, interessando capre, gatti, esseri umani (alcune decine, in prevalenza addetti alla cura delle lattifere) e giungendo – nell’arco di pochi mesi – in Inghilterra, dove ha colpito allevamenti di avicoli prima (novembre) e di suini poi (marzo scorso).

Dì fronte ad una situazione che non può non allarmare, ma che viene trascurata sia dagli organi d’informazione – purtroppo – che dalla gente comune, il mondo scientifico e gli enti di profilassi sono vigili e operosi, svolgendo attività che – per quanto “sottotraccia” – aiutano quanti sono coscienti della problematica a dormire sonni tranquilli.

Il nuovo focus della Fao 

A riportare in evidenza una situazione largamente sottovalutata dai più. ci ha provato la Fao, che non più tardi della scorsa settimana ha diffuso un nuovo focus su un fenomeno che è assai più complesso e diffuso di quanto si possa credere, stigmatizzando quanto – per larga parte dell’opinione pubblica mondiale – esso sia ritenuto dal comune sentire come una semplice insidia per il mondo animale e nulla più.

“Molti pensano sia un problema solo per la fauna”, esordisce l’appello diffuso dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, che di seguito sottolinea come “in realtà esseri umani e animali hanno sempre avuto un solido legame: gli animali ci forniscono risorse fondamentali come alimenti, indumenti, mezzi di trasporto e mezzi di sussistenza, ci fanno compagnia e contribuiscono inoltre alla salute degli ecosistemi”. Ma non solo, perché “con la crescita demografica, l’urbanizzazione e l’aumento della produzione zootecnica a livello globale”, prosegue il documento, “oggi condividiamo con essi più spazi che mai”. Una premessa che porta a riflettere su quanto siano più alti i rischi di una nuova pandemia nel caso di un salto di specie che gli scienziati al momento non possono escludere.

“Monitorare la salute animale e i focolai di zoonosi contribuisce” quindi, per quanto in modalità silenti e poco eclatanti, “a salvare vite umane, a scongiurare perdite economiche e a contrastare la diffusione delle malattie, sia che si tratti di epidemie (diffusione delle malattie in una determinata area geografica) che” – per l’appunto – “di pandemie (diffusione delle malattie a livello mondiale)”.

“L’influenza aviaria è”, conclude il focus della Fao, “una minaccia seria, sia per la salute umana che per quella animale”. Parole che speriamo riescano a trovare il loro peso prima che a renderle cubitali siano nuovi fatti di cronaca sanitaria, una volta deflagrati.

Influenza aviaria: 4 cose che tutti dovremmo conoscere

A rendere particolarmente efficace il documento diffuso dalla Fao è il suo compendio, espresso per punti, relativo agli aspetti che ognuno di noi dovrebbe conoscere sull’influenza aviaria e su come l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura sta lavorando per tutelare tanto gli animali quanto gli esseri umani:

1. L’influenza aviaria è una malattia zoonotica e transnazionale, che colpisce animali selvatici, allevamenti ed esseri umani – L’influenza aviaria, anche detta peste aviaria, è causata da virus influenzali di tipo A. Come suggerisce il nome, colpisce principalmente volatili selvatici e domestici.

Il ceppo dell’influenza aviaria H5N1 ad alta patogenicità (Hpai) attualmente in circolazione è estremamente contagioso, con alti tassi di mortalità nel pollame. Il virus è stato inoltre riscontrato in bovini da latte, volpi, foche, puma e persino animali domestici, sollevando timori sulla sua diffusione tra le specie e sul rischio per la salute umana.

L’epidemia, iniziata alla fine del 2020, sta causando la perdita di rare e importanti specie di uccelli selvatici e di pollame, con ripercussioni sulla sicurezza alimentare e sulle filiere globali di approvvigionamento alimentare, provocando – tra l’altro – la carenza di uova.

Nei bovini, l’influenza aviaria può ridurre la produzione di latte, con rari ma preoccupanti casi di infezione tra gli operatori del settore lattiero-caseario.

La Fao e i suoi partner monitorano i rischi di influenza aviaria fornendo valutazioni congiunte e aggiornamenti mensili sulla situazione, affinché tutti i paesi dispongano di linee guida su base scientifica per gestire l’evoluzione del rischio. 

Dall’insorgere dell’epidemia, per mitigarne la diffusione e gli effetti sono state prese misure di monitoraggio come quarantene, limiti alla circolazione, maggiori controlli e abbattimento degli esemplari infetti.

2. L’influenza aviaria è in mutazione – I virus dell’influenza aviaria sono virus a Rna, pertanto mutano ed evolvono molto rapidamente. Nuovi ceppi compaiono costantemente, aumentando le possibilità di adattamento ai mammiferi. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale, lo scorso anno i focolai di influenza aviaria nei mammiferi sono più che raddoppiati rispetto al 2023, aumentando il rischio di ulteriore diffusione e trasmissione all’uomo.

Storicamente, alcuni di questi ceppi sono stati trasmessi all’uomo con esiti letali. Per esempio, la pandemia di influenza spagnola del 1918 è stata causata da un ceppo H1N1 di origine aviaria, che ha infettato 500 milioni di persone in tutto il mondo.

3. L’influenza aviaria è ovunque – Dalla prima comparsa dell’H5NI in Asia, nel 1996, nel mondo ci sono stati diversi focolai di influenza aviaria. Le migrazioni di uccelli selvatici su lunghe distanze hanno notevolmente favorito la diffusione transnazionale, ma i cattivi metodi di allevamento del pollame restano un fattore di rischio cruciale per l’insorgenza e la diffusione dei virus.

A oggi sono stati segnalati focolai di H5N1 in Africa, nel continente americano, in Asia, Europa e hanno persino raggiunto l’Antartide, con effetti sulla fauna selvatica. Dall’ottobre 2022 sono stati segnalati oltre 3 400 focolai in tutto il mondo. Le conseguenze: quarantene, limiti alla circolazione, maggiori controlli e abbattimento degli esemplari infetti. In molti paesi, gli sconvolgimenti nell’industria avicola si ripercuotono sui prezzi dei prodotti alimentari e sulla disponibilità di proteine animali.

La Fao monitora, raccoglie e divulga informazioni sull’influenza aviaria e su altre malattie attraverso il suo sistema informativo globale sulle malattie zoonotiche, Empres-i. Il sistema consente ai governi e ai responsabili delle decisioni di monitorare e analizzare i virus Hpai a livello globale. La Fao fornisce inoltre aggiornamenti sui virus dell’influenza aviaria con potenziale zoonotico per incrementare i dati sulla malattia a livello globale e raccogliere informazioni da e per i Paesi coinvolti.

La Fao collabora con organizzazioni e Paesi per contrastare i focolai di malattie animali attraverso la prevenzione, la diagnosi precoce e gli interventi tempestivi, fornendo formazione ai veterinari sul campo e ai tecnici di laboratorio.

4. L’importanza di interventi globali e coordinati – La salute di animali, esseri umani, piante e ambiente è interconnessa e interdipendente (one health).

Per questo motivo la Fao collabora con l’Oie (Organizzazione Mondiale della Sanità Animale), l’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità), il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente e con autorità nazionali e regionali per prevenire, individuare e gestire i focolai di malattie zoonotiche, nonché formando veterinari sul campo e tecnici di laboratorio per rilevare e diagnosticare tempestivamente la malattia.

Contrastare il focolaio nel luogo in cui insorge può contribuire a prevenire la diffusione della malattia alle aziende agricole limitrofe, ad altri animali e all’uomo – anche al di là dei confini – e a scongiurare la reazione a catena che comporterebbe perdite economiche, insicurezza alimentare e il rincaro dei prezzi.

Il virus continua a diffondersi in tutto il mondo, di conseguenza è fondamentale investire nel monitoraggio e nelle capacità di diagnosi e intervento precoce per evitare perdite maggiori e conseguenze peggiori sulle nostre economie, sui nostri mezzi di sussistenza e sul nostro benessere.

27 giugno 2025

Tre documenti Fao (in lingua inglese) per approfondire:
Domande frequenti sull’Hpai
Influenza aviaria ad alta patogenicità
La Fao e la salute animale