È valdostano e ha 5600 anni, il pascolo più antico delle Alpi

È stata pubblicata nel numero di novembre della rivista “Journal of Ecology” una ricerca scientifica riguardante attività stabili di pastorizia che già si compivano 5.600 anni fa sul Monte Fallère, tra la Valle del Gran San Bernardo e la Valdigne, in Valle d’Aosta. L’annuncio è stato dato dai responsabili dell’Idpa-Cnr (Istituto per la Dinamica dei Processi Ambientali del Centro Nazionale per la Ricerca) di Milano, che per giungere alla scoperta ha operato congiuntamente all’Università di Ferrara e alla Soprintendenza Archeologica della Valle d’Aosta.

Il pascolo, il più antico conosciuto e documentato sinora in tutto l’arco alpino – è stato mantenuto attivo per millenni, confermando, attraverso l’esito degli studi, che le attività pastorali hanno favorito la diffusione e il mantenimento di molte specie vegetali.

Crotte Basse, la località in cui sono stati fatti i più importanti ritrovamenti dal gruppo di ricerca – foto Cnr©

Tra le varie conquiste che i ricercatori hanno fatto loro, appare rilevante quella che riguarda la presenza di gruppi umani sull’altopiano del Fallère a partire dal Tardo Neolitico, in corrispondenza con la fase di maggiore trasformazione del paesaggio.

Mentre le attività dei gruppi mesolitici avevano effetti limitati sugli ecosistemi naturali, a partire dal Neolitico sorsero nei fondovalle degli abitati stabili e si accrebbero l’interesse dell’uomo per lo sfruttamento delle alte quote e la conseguente creazione di paesaggi antropici.

La copertina di novembre del Journal of Ecology, dedicata alla ricerca del Cnr sul Monte Fellère, in Val d’Aosta

Polline, spore fossili, frammenti di carbone e nutrienti, estratti dai sedimenti delle Crotte Basse – una torbiera a 2350 m di quota – testimoniano la distruzione di foreste millenarie di pino cembro e abete bianco, e la presenza di insediamenti stagionali preistorici.

A poca distanza dalla torbiera, il sito di maggior interesse ha restituito le vestigia di una capanna dell’Età del Rame, con tracce di focolari, un accumulo di pietre interpretato come un muro a secco, un’ascia in pietra verde levigata e manufatti in cristallo di rocca.

I risultati delle indagini sono ritenuti di grande interesse per la conoscenza della storia del paesaggio aostano, per la sua valorizzazione e per la promozione didattica e turistica della regione.

13 novembre 2017

Il numero di Journal of Ecology dedicato alla presente ricerca è raggiungibile cliccando qui