La recente scoperta di pitture rupestri nei siti archeologici di Shuwaymis e di Jubbah, in Arabia Saudita nordoccidentale, aggiunge un tassello importante nella conoscenza del nostro passato, offrendoci nuove chiavi di lettura della domesticazione animale. Per la prima volta infatti alcuni reperti mostrano l’uomo che caccia accompagnato da cani. Cani al guinzaglio e cani liberati per attaccare animali selvatici, e poi ancora cani che abbattono le prede.
Le incisioni risalirebbero al periodo dell’Olocene, che ha seguito l’era glaciale del Paleolitico e preceduto il Neolitico, in cui la domesticazione avvenne. A stabilirlo è stato un gruppo di ricerca condotto dagli archeologi Angela Perri e Michael Petraglia dell’Istituto Max Planck di Scienza e Storia Umana, in Germania.
Operando con il supporto dell’Unione Europea, grazie al progetto Paleodeserts, i ricercatori sono andati alla ricerca delle stratificazioni pittoriche, trovando queste nuove immagini incise sotto scene di bestiame, il che indica che le raffigurazioni dei cani precedevano quelle del bestiame. I ricercatori hanno ammesso di non essere in grado di datare le immagini con esattezza a causa della natura delle incisioni, ma sono stati in grado di correlare le pitture rupestri ai vicini siti archeologici che a suo tempo furono datati.
Nella gran parte delle pitture ritrovate – 156 a Shuwaymis e 193 a Jubbah – appaiono animali di medie dimensioni, con orecchie appuntite, muso corto, petti appuntiti e code arricciate, caratteristiche che evocano molte razze canine (e il cane Canaan in particolare) giunte sino a noi. In alcune scene i cani attaccano asini selvatici, mordendoli al collo, in altre sono intenti ad infierire in gruppi di tre o quattro sui ventri di animali di grandi dimensioni, come stambecchi e gazzelle, mentre in altre sono legati ad una figura umana armata con di arco e frecce.
La lettura che si profila davanti a noi, quindi è quella che vedrebbe l’uomo addomesticare prima il cane e poi servirsi di questo, prima per cacciare, poi per operare la transizione da cacciatori ad allevatori-pastori, che probabilmente avvenne tra il 6.800 e il 6.200 a.C.
Intervistata dal New York Times, una dei più grandi studiosi della Mezzaluna Fertile e della domesticazione animale, Melinda Zeder dello Smithsonian Institute di Washington, ha dichiarato che osservando queste pitture «si possono quasi sentire i cani abbaiare e gli uomini gridare». Secondo la Zeder il ritrovamento «ci fornisce un punto di osservazione dell’eccitazione viscerale della caccia. Grazie a queste pitture rupestri oggi abbiamo dettagli assai vividi».
La dottoressa Maria Guagnin, archeologa dell’Istituto Max Planck, ha analizzato le 349 pitture rupestri nei due siti, contando in esse oltre 6.600 animali, annotando considerazioni rilevanti, sia sui comportamenti dei predatori che dei predati, ma rilevando anche possibili e complesse strategie di caccia messe a punto dall’uomo.
Tra i vari obiettivi che si prefigge, il progetto Paleodeserts si propone di analizzare le relazioni tra i periodi climatici umidi e quelli aridi, mettendoli in relazione con le espansioni, le contrazioni e le estinzioni delle popolazioni. Questo è reso possibile grazie all’approccio interdisciplinare che coinvolge paleontologi, geografi, geocronologi, genetisti, archeologi, studiosi delle pitture rupestri e linguisti.
4 dicembre 2017
Per approfondire:
Pre-Neolithic evidence for dog-assisted hunting strategies in Arabia (studio completo; in lingua inglese)
These may be the world’s first images of dogs – and they’re wearing leashes (articolo da Science Mag; in lingua inglese)
Climate Change and Hominin Evolution in the Arabian Desert: Life and Death at the Cross-roads of the World (dal sito Cordis – Servizio Comunitario di Informazione in materia di Ricerca e Sviluppo; in lingua inglese)
World’s first images of dogs – and they are wearing leashes (video YouTube; in lingua inglese)