Alla fine ci sono riusciti. E l’hanno presentata come un’operazione sociale di significativo valore: produrre latte simil-umano per sopperire alla carenza di latte per neonati che vivano in condizioni di estremo disagio. Un’operazione che dal punto di vista delle motivazioni ufficiali per cui è compiuta ricorda i primi Ogm in agricoltura, nati ufficialmente per le tante bocche da sfamare in Africa ma che sappiamo bene chi vada ad arricchire. E chi a impoverire.
La storia si ripete, quindi? Questo non si può dire, anche se in Argentina, Paese in cui il “traguardo” viene così tagliato per primo (battendo, non si sa quanto sul filo di lana, la Cina) la stessa agricoltura è saldamente impiantata sul transgenico, e la manipolazione genetica è di casa tanto nella ricerca quanto nelle coscienze di molta gente comune.
A chi porterà davvero vantaggi questa faccenda, oltre che ai ricercatori che vi hanno lavorato e alle lobby degli allevatori coinvolti, è cosa ancora da capire sino in fondo, ma tant’è che l’azione stampa con cui è stata lanciata la notizia ha trovato il consenso generale in Sud America (centinaia di articoli sui giornali e sul web), qualche lancio di agenzia nel resto del mondo, quasi come se si trattasse di una curiosità fine a sé stessa, e rarissime voci che abbiano sollevato dubbi o questioni etiche che pur ce ne sarebbero, in bella evidenza.
Da noi l’agenzia stampa Ansa sottolinea che “da quasi due mesi, e dopo un gran numero di prove, Rosita (questo il nome dell’animale, ndr), mucca clonata poco più di un anno fa da scienziati argentini, ha cominciato a produrre latte simile a quello materno. Lo hanno reso noto in un comunicato i ricercatori dell’Università Nazionale di San Martin (Unsam) e dell’Istituto Nazionale di Tecnologia Agrozootecnica (Inta), ricordando che sono riusciti ad inserire nel Dna della mucca «i due geni umani che producono lattoferrina e lisozima in un solo sito del genoma bovino, affinché si esprimessero solo nella ghiandola mammaria»”.
“I media locali”, prosegue la nota di agenzia, “specificano che Rosita è il primo bovino “doppiamente transgenico” del mondo. Il ricercatore German Kaiser, del gruppo di biotecnologia della riproduzione dell’Inta, ha precisato in merito che «non si punta a sostituire il legame madre-figlio durante l’allattamento, ma che tale latte è destinato ai neonati che, per i più diversi motivi, non hanno accesso a quello delle madri».
Come se le banche del latte non fossero un’alternativa di qualche interesse.
16 giugno 2012
per approfondire, due fonti dalla stampa argentina: