Ilva, il ministero: diossina oltre i limiti nel 30% del latte

foto Ilva®
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Sono stati resi noti lunedì scorso i risultati dell’atteso studio condotto nelle scorse settimane dal Ministero della Salute sugli allevamenti presenti in un raggio di 10 chilometri dagli stabilimenti Ilva di Taranto. La ricerca ha dato purtroppo gravi risultati, confermando le attese al centro di un’inchiesta per disastro ambientale, accertando che nel 20% dei casi il superamento dei limiti di diossina e di altri cancerogeni. A maggior scrupolo, la lettura secondo il modello statistico utilizzato dai ricercatori ha però evidenziato che lo sfondamento delle soglie massime ammesse riguarderebbe oltre il 30% delle aziende.

Secondo quanto comunicato dal ministero, cinque prelievi su venticinque campioni di latte raccolti tra il 26 settembre e l’8 ottobre in sette allevamenti di pecore e di capre dell’area presa in esame “hanno avuto esito sfavorevole per superamento dei limiti per la somma di diossine e Pcb diossina, fissati dal Regolamento della Comunità Europea n. 1881/2006”.

“Ma”, sottolinea poi il ministero in una nota, “considerando insieme gli sforamenti del limite di legge e una serie di risultati nella cosiddetta forbice alta e applicando un modello statistico, si evidenzia che, nell’area di studio, ci si attende che il 30% del latte di questi animali sia contaminato in misura superiore al limite di legge”. “Inoltre, dal confronto effettuato tra gli esiti che vanno dal 2008 al 2012”, prosegue la nota ministeriale, “emerge che non vi sono variazioni significative da un punto di vista statistico in merito alla concentrazione di Diossine e Pcb diossina simili”.

Nel corso degli anni, nonostante le rassicurazioni dell’azienda sul fatto che i livelli di inquinamento fossero calati a seguito della bonifica degli impianti, almeno le quantità di diossina sono rimaste le stesse, spiega il ministero. Nella zona negli anni scorsi sono stati effettuati abbattimenti di alcune centinaia di capi (a cui si aggiungono i centotredici capi sequestrati stavolta), con gravi danni per le aziende colpite dai provvedimenti.

L’esito di queste ultime indagini riconferma, se ce ne fosse stato bisogno, il gravissimo impatto ambientale che lo stabilimento dei Riva comporta per la popolazione, oltre che per le aziende agro-zootecniche, perpetrando ancora nel tempo danni di inaudita gravità sinora imposti ad un Governo regionale e Statale debole e ad una popolazione in ginocchio attraverso l’inaccettabile ricatto sul piano occupazionale. Lascia quantomeno perplessi il fatto che un analogo impianto presente nel triestino e di proprietà della famiglia Lucchini è da sempre a norma per il veto posto sin dal momento dell’installazione dalla confinante Austria.

3 novembre 2012