È rottura tra il mondo agricolo lombardo rappresentato da Coldiretti e la nuova Giunta Regionale, a proposito dell'inquinamento da nitrati e le emissioni in atmosfera. Per bocca del suo presidente, Ettore Prandini, la Coldiretti della Lombardia accusa di lassismo le strutture regionali (buon ultimo il neo-assessore Giuseppe Elias) che non si sarebbero mai mosse per identificare la vera origine dell'inquinamento da nitrati.
Secondo il numero uno della confederazione agricola lombarda, il tentativo di distrazione dalle reali cause del problema (in realtà l'agrozootecnia intensiva) ha portato ad un poco credibile depistaggio verso gli insediamenti residenziali e altri settori produttivi per la semplice ragione di voler coprire le lobby del settore.
Ricordiamo che la direttiva nitrati (91/676/Cee) è stata emanata ormai venti anni fa dall'Unione Europea al fine di ridurre e di prevenire l'inquinamento delle acque superficiali (i fiumi, i laghi) e sotterranee (le falde), causato dai nitrati d'origine agricola attraverso l'introduzione di corrette pratiche di fertilizzazione, sia minerale che organica.
L’uso di concimi (minerali od organici, quali i liquami o lo stallatico) fornisce al terreno un apporto di nitrati. Qualora questo apporto risulti troppo rilevante, questo non può essere del tutto assorbito dalle piante, per le quali i nitrati rappresentano un nutriente importante. I nitrati in eccesso finiscono quindi per penetrare nella falda freatica.
In Italia, il valore massimo di nitrati ammessi nell’acqua potabile è pari a 50mg/litro; tuttavia, per l’alimentazione dei bambini di età inferiore ai sei mesi si raccomanda di non usare acqua potabile con un tenore di nitrati superiore a 10mg/lt. Il problema, in sostanza, è che nell’acqua che beviamo, e anche all’interno del nostro organismo, vi sono batteri in grado di trasformare i nitrati in nitriti. Questi, oltre ad essere tossici, ostacolano il trasporto di ossigeno alle cellule del nostro organismo, attraverso il sangue. Combinandosi poi con le proteine contenute nel cibo di cui ci nutriamo, i nitriti tendono a formare le nitrosamine, ritenute cancerogene.
Anche un altro fattore d’inquinamento delle acque, cioè l’ammonio, penetra nella falda freatica in seguito all’uso eccessivo di concimi; ad opera dei batteri, esso si trasforma in nitrati o nitriti (si parla in questo caso di nitrificazione). Viceversa, l’ammonio può formarsi anche per un processo di riduzione dei nitrati (nel qual caso si parla invece di denitrificazione).
Certo, i nitrati non sono prodotti solo dal settore agricolo, e le applicazioni regionali della direttiva europea – a partire dall'individuazione delle zone vulnerabili dai nitrati – si possono discutere e rivedere, ma non si può mettere in discussione l'impianto stesso della direttiva né le leggi relative al suo recepimento, e questo perché innanzitutto è necessario mettere in pratica gli adempimenti che la norma prevede.
Nel 2010 le amministrazioni regionali italiane hanno avviato un nuovo monitoraggio che prevede, rispetto al passato, frequenze pluriannuali di sorveglianza e per diversi gruppi di corpi idrici. Questo ha determinato per il 2010 una visione parziale del contesto nazionale, che si completerà nel corso di un periodo di gestione pari a sei anni. Nella Tabella 8.3 dell'edizione 2011 dell'annuario Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), relativa ai dati trasmessi da sei regioni (Valle d’Aosta, Lombardia, Veneto, Lazio, Abruzzo, Campania), si elencano per lo stato di scarsa qualità le sostanze critiche che superano gli standard previsti e i valori-soglia. Tenendo conto di questo, e del numero totale di punti di prelievo per ciascuna regione, lo stato di scarsa qualità – determinato da inquinanti di origine antropica come nitrati, metalli pesanti, solventi clorurati e fitofarmaci – varia dal 49,2% della Lombardia al 14,6% del Veneto.
Al momento attuale è prevedibile che in Italia il problema verrà risolto applicando l'ennesima deroga, recentemente autorizzata, per consentire in Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto l'applicazione fino a 250 kg di azoto per ettaro e per anno da affluenti bovini e suini ("trattati in aziende agricole con almeno il 70% di colture con stagioni di crescita prolungate e con grado elevato di assorbimento di azoto"). Si stima che in tali regioni vi siano circa 10.310 allevamenti di bovini e 1.240 allevamenti di suini potenziali beneficiari della deroga; essi corrisponderebbero rispettivamente al 15,9% e 9,7% degli allevamenti complessivi delle stesse specie nelle stesse regioni, al 10,7% della superficie agricola utilizzata, al 29,1% dei bovini da latte e al 49,3% dei suini nelle medesime regioni.
Regioni, queste quattro, che possiedono oltre il 70% del patrimonio zootecnico italiano, e in particolare il 67,1% delle bovine da latte, il 60,6% degli altri bovini, l'81% dei suini e il 79,4% degli avicoli. Le superfici prative, il mais, l'insilato di mais e i cereali vernini, dal loro canto, occupano invece nel medesimo territorio il 53% circa della superficie agricola totale.
Ma come siamo arrivati a tanto? Semplicemente trasformando la Pianura Padana in una perenne monocoltura di mais destinata ad alimentare tanti allevamenti zootecnici intensivi (vacche nutrite con insilati e mangimi anziché con foraggi!) e un numero sempre crescente di impianti a biogas: negli ultimi due anni questi si sono triplicati, e alla fine dell'anno in corso saranno ben più di mille. E, badate bene, non sono nulla di ecologico come qualcuno vorrebbe farci intendere: sfruttano o liquami o prodotti appositamente coltivati, come il mais. Sono per lo più grandi, e i più grandi sono i più insostenibili: fatti per vendere energia, in una vera e propria corsa al biogas agricolo, sostenuto dai finanziamenti comunitari, vera e propria ciambella di salvataggio per chi fa sempre più fatica a guadagnare con l’agricoltura e l’allevamento. Ma attenzione: il nuovo decreto sulle rinnovabili, in vigore dal 2013, prevederebbe tagli degli incentivi alle forme di energia “verde” per "allinearli a quelli europei". Bene, anzi male, perché in realtà queste limitazioni per il biogas non saranno consistenti, portandolo sì su una soglia di variabilità ma senza comprometterne l'aura di convenienza. C’è dunque da presumere che la corsa a questo scempio, estetico e ambientale, non si fermerà con il 2013.
Già oggi attraversando Piemonte, Lombardia ed Emilia vedrete grandi cupole affiancate, spesso colorate. Sono i “digestori” degli impianti, in cui s’immettono le biomasse (liquami di origine zootecnica, letame, sfalci agricoli, ma anche insilati e coltivazioni) affinché siano trasformate dai batteri. Questi rilasciano metano, il quale serve a generare energia elettrica attraverso un motore (che produce anche calore), e nel frattempo producono il cosiddetto “digestato”, che può essere utilizzato come ammendante o concime, nei campi.
E qui torniamo al discorso di apertura: dopo aver industrializzato l'agricoltura e la zootecnia pare che nessuno voglia prendersene le responsabilità giocando a scaricabarile col malcapitato di turno. E non sarà un caso se questo attuale attrito lombardo sui nitrati vede l'un contro l'altro armati due personaggi di confederazioni agricole antagoniste, un Coldiretti e un Confagricoltura: che dite, a pensar male forse ci si prende?
Marco Felicani
10 novembre 2012