Il pianeta si surriscalda. E la cantina… entra in crisi

Una grotta ipogea pugliese del IX secolo d.C. Locali come questo sono ora utilizzabili per la stagionatura in Basilicata ma non ancora nel resto d’Italia

19 gennaio 2009 – Il forte e repentino mutamento delle condizioni climatiche mondiali in atto non lascia presagire nulla di buono in campo agricolo e zootecnico e apre prospettive infauste sul futuro dei prodotti tipici più autentici, e in particolar modo di quelli destinati all’invecchiamento.

Con un 2008 classificato a livello globale all’ottavo posto tra gli anni più caldi degli ultimi due secoli, la conferma dei cambiamenti climatici in atto non lascia spazio ai dubbi e ci anticipa che il clima sarà sempre più destinato a influenzare i cicli naturali, la vita delle persone e le attività economiche in genere.

È quanto emerge dai dati preliminari raccolti dalla statunitense Noaa’s – National Climatic Data, secondo cui la temperatura media globale dell’anno da poco trascorso è stata di 0,49°C più alta rispetto alla media del XX secolo (14,39°C contro i 13,9 °C). «Dal 1880 ad oggi», hanno sottolineato gli studiosi Usa, «la temperatura globale della terra e degli oceani è cresciuta in media dello 0,05°C per decennio», con un incremento esponenziale dalla fine degli anni Settanta, a partire dai quali il tasso di crescita è stato di 0,16°C ogni dieci anni.

A confermare che questa preoccupante tendenza coinvolge anche l’Italia, arrivano ora i riscontri scientifici dell’ Isac-Cnr (Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Bologna. L’istituto ha da poco comunicato che il 2008 in Italia è al settimo posto nella classifica degli anni più caldi dal 1800 a oggi, ed ha ricordato che la Palmares assoluta appartiene anch’essa ad un anno relativamente vicino a noi: il torrido e siccitoso 2003, che tanto scompiglio portò all’agricoltura e alla zootecnia del nostro Paese.

«Tra gli effetti del surriscaldamento del pianeta», precisa una recente nota della Coldiretti, va registrato «il cambiamento delle condizioni ambientali tradizionali per la stagionatura dei salumi, per l’affinamento dei formaggi o l’invecchiamento dei vini».

«Una situazione che di fatto», proseguono i responsabili del maggiore sindacato agricolo nazionale, «mette a rischio d’estinzione il patrimonio dei prodotti tipici più autentici, che devono le proprie specifiche caratteristiche proprio alla combinazione di fattori naturali e umani».

In pochi anni le cantine statiche e tradizionali degli stagionatori andranno tutte irrimediabilmente in crisi, vittime del surriscaldamento del Pianeta ma anche dell’irregolarità delle stagioni e dell’altalenanza tra periodi molto lunghi di siccità e periodi molto piovosi. Tutte variabili caratterizzate da una grande discontinuità e imprevedibilità, che costringeranno prima o poi, pare, anche le grandi griffe del formaggio (ancora molto legate a metodologie di stagionatura un po’ troppo tradizionali) a correre ai ripari per attrezzarsi con locali di stagionatura climatizzati e computerizzati, di sicuro meno romantici di quelli d’un tempo ma certamente più affidabili.