12 febbraio 2009 – Oltre a fare stragi di greggi, i lupi presentano una naturale propensione a rispondere agli ululati emessi da altri individui. Partendo da questa loro prerogativa, negli anni ’60 in Nord America nacque la pratica del “wolf-howling” (“lupo ululante”) vale a dire che esseri umani variamente impegnati nella ricerca, presero a imitare gli ululati dei lupi ovvero a riprodurre le registrazioni di ululati autentici ai fini del monitoraggio della specie.
Massimo esperto del settore in Italia è il professor Andrea Gazzola di Pisa, che opera all’interno del Dipartimento di Zoologia e Genetica Evoluzionistica dell’Università di Sassari, e che recentemente è stato ingaggiato dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta per esercitare il wolf-howling nei pressi del Massiccio del Monte Rosa.
Peccato allora che in certe redazioni, come è accaduto stavolta al quotidiano Il Giornale nel riprendere notizie come questa, qualcuno si lasci tentare dal fatto apparentemente curioso (il professore che ulula ai lupi e intasca oltre ottomila euro, ndr) e che – pur essendo giornalista – di fronte alla possibilità di una boutade nazional-popolare si dimentichi di fare il proprio lavoro sino in fondo, cioè di approfondire, documentarsi e capire prima ancora di mettersi a scrivere.
Il malcapitato collega è Francesco Cramer, che trovando il nome del professor Gazzola nella lista delle consulenze ad enti pubblici su cui il ministro Brunetta sta investigando (due miliardi e mezzo di euro spesi da enti pubblici per fini i più disparati), ha deciso di dare libero sfogo alla sua penna, irridendo l’accademico pisano, divertito dal superficiale pensare che un accademico possa… ululare per lavoro ed essere per di più pagato perché… sta lavorando!
A ragionarci bene, la consulenza del professor Gazzola è stata fatta di diverse trasferte, lunghi e pazienti appostamenti notturni, evidenti disagi, giorni e giorni di lavoro, e soprattutto ha visto applicata una professionalità non riscontrabile altrove in Italia, ai fini di monitorare la specie e di acquisire informazioni fondamentali per la gestione dei territori montani e per il recupero di un auspicato riequilibrio faunistico, oltre che per la tutela delle economie montane, tra cui quella pastorale e d’alpeggio.
«La presenza del lupo in Valle d’Aosta e nel Parco Nazionale del Gran Paradiso», ha sottolineato Paolo Orellier, responsabile della Direzione flora, fauna, caccia e pesca della Regione, «comporta gravi problematiche», dalle predazioni di greggi agli attacchi a stambecchi e camosci e «va a rompere», ha aggiunto il consigliere regionale Dario Comé, «un equilibrio nel sistema tradizionale di allevamento, in particolare nei mesi estivi quando è previsto il pascolo libero in alpeggio».
La protezione del lupo è da giustificarsi quindi, ma solo all’interno di una politica complessiva di tutela del territorio montano e delle comunità che ancora lo abitano, in un’ottica più ampia di protezione dell’ambiente e dell’economia montana. L’alternativa è che i pastori – che hanno più volte richiesto agli enti preposti l’adozione di misure che li possano garantire – decidano di abbandonare il loro lavoro, il presidio che questo garantisce alle “terre alte”, e che trattiene l’avanzata del bosco, l’imbarbarimento della montagna e il fenomeno degli incendi boschivi.