È a buon punto, nella provincia di Zamora, in Spagna, lo studio interdisciplinare sulla qualità del latte ovino prodotto dalle razze Churra (autoctona) e Assaf (di origine israeliana, radicata in Spagna e apprezzata per l’alta resa lattea), teso a indagare oltre che sulle due differenti razze, sui pregi e sui difetti riscontrabili nelle tre tipologie di conduzione esistenti in quell’area del Paese: intensivo, semintensivo ed estensivo. Il progetto, finanziato dal ministero dell’agricoltura, è diretto dalla professoressa Isabel Revilla Martín della locale Escuela Politécnica Superior, che coordina un’equipe appartenente al Dipartimento di Tecnologia degli Alimenti. Ad affiancare gli studiosi dell’istituto zamorano sono giunti anche i ricercatori delle università dell’Andalusia, di Castilla y León, Navarra, e Paesi Baschi. In particolare quelli di Salamanca (Castilla y Leon), coordinati dal professor Carlos Palacio della Facoltà di Scienze Agrarie e Ambientali, si occuperanno, per l’appunto, degli aspetti ambientali dello studio.
Il lavoro punta a ricercare la quantità di grassi, proteine, vitamine, acidi grassi (ma anche altri componenti, ritenuti “minori”) del latte e le loro qualità reali. Mentre alcuni indizi si concretizzano già dai primi esami di laboratorio (non ancora ufficiali) e dalle diversità tra le tre tipologie di allevamento, quello che già si fa avanti è un riscontro effettivo sulla presenza delle cellule somatiche nel latte, e sul loro ruolo di “protezione” della mammella. Le cellule somatiche, altro non sono che globuli bianchi prodotti dal sangue per contrastare i batteri; la loro presenza nell’alimento non è di per sé negativa, ma sopra determinati limiti è indice di un preoccupante stato di salute della mammella. Bene, su questo fronte i primi risultati già portano alla conferma del fatto che nel sistema di allevamento estensivo le problematiche siano assai contenute. Inoltre, e anche questo è trapelato dalle prime impressioni della professoressa Revilla Martín, se la pecora è “felice”, le caratteristiche del latte sono ideali per la trasformazione in formaggio.
Altro aspetto non secondario della ricerca è quello che mira a focalizzare le differenze dei latti nelle diverse stagioni dell’anno, per valutare quali fattori mutino, e quanto, in ragione non tanto del clima bensì dell’alimentazione offerta agli animali. La particolarità dello studio di veder applicate varie specializzazioni lascia ben sperare nel raggiungimento di conclusioni utili per comprendere, una volta per tutte, che redditività aziendale, impatto ambientale e valori nutrizionali non possano essere valutati disgiuntamente l’uno dagli altri.
Nel recente passato un gruppo di lavoro capeggiato sempre dalla professoressa Isabel Revilla Martín aveva studiato le integrazioni di timo e chiodi di garofano nella dieta degli ovini (vedi notizia, in lingua spagnola), aggiudicandosi il premio della locale Fundación Científica Caja Rural.
21 aprile 2013