Il formaggio da animali al pascolo, quello che ai tempi dei nostri nonni era la norma (e che ancora esiste!), fa bene all'organismo, ricco com'è di nutrienti nobili, dagli antiossidanti ai grassi polinsaturi, ad un corredo vitaminico invidiabile e utilissimo per chi se ne nutra. Di contro, i formaggi da animali costretti in stalla e alimentati a mangimi e insilati – la norma oggigiorno, purtroppo – sono fonti di grossi guai per la salute dei consumatori, primi fra tutti quelli legati a obesità, cardiopatie, ipertensione e diabete.
Malattie con un'incidenza rilevante sui costi sociali, tant'è che l'Unione Europea ha da qualche tempo intrapreso un percorso correttivo, sì, ma che lascia a dir poco perplessi. Perché, anziché intervenire all'origine del problema – cioè sull'alimentazione animale nella zootecnia intensiva – ha tentato, in una prima mossa, assai poco efficace, di spingere i consumatori verso i formaggi "light".
A darci utili chiavi di lettura sono due testate tra le più autorevoli nel campo della psicologia dei consumi e della qualità della vita, Riza e LifeGate. Secondo la prima un "mito da sfatare è quello dei formaggi magri: di fatto, è una denominazione che può trarre in inganno perché per sua natura il formaggio deve contenere grassi, e quelli che si trovano in commercio in versione alleggerita hanno meno gusto e quindi si tende a mangiarne di più", mentre la seconda ribadisce che "alcuni studi dimostrano che se si pensa che un prodotto sia magro, si è portati a consumarne una quantità maggiore"
Sta di fatto che la risposta del mercato all'aumentata disponibilità di formaggi "light" è stata più che fredda, proprio a causa di un gusto "insoddisfacente", dovuto esattamente alla ridotta presenza di grassi.
Bene, anzi male, perché neanche di fronte a tale evidenza è arrivato un qualche ripensamento, e quindi, anziché intervenire sulla natura dei grassi, orientando i consumi verso quelli polinsaturi (e antiossidanti e vitamine), i nostri saggi governanti hanno pensato di risolvere il problema intervenendo sull'appetibilità dei formaggi "light". Geniali.
Ecco allora che dopo anni di ricerca compiuta senza grandi clamori, il Servizio Comunitario di Informazione in materia di Ricerca e Sviluppo, Cordis, ci rende edotti adesso sui risultati raggiunti nel poco nobile intento di (testuale, il titolo del comunicato pubblicato la settimana scorsa) "Migliorare il gusto del formaggio magro".
"Nel tentativo di promuovere la salute pubblica", spiega il sito cordis.europa.eu, "una recente legge europea obbliga i produttori alimentari a limitare il contenuto di grassi, in particolare nei formaggi e nei prodotti a base di formaggio. I produttori si sono conformati alle richieste e oggi ci sono nei supermercati più varietà di formaggi a basso o ridotto contenuto di grassi rispetto a prima. A molte persone però non piacciono i formaggi light, a causa del loro gusto, la loro consistenza e la loro capacità di fondere".
"I ricercatori del progetto CheeseCoat ("Novel processing technology for manufacturing low- fat mozzarella-type cheese with superior performance in ready meals")", prosegue il testo, "finanziato dall'Ue, stanno cercando di aiutare i produttori europei di formaggio a produrre formaggi a basso contenuto di grassi che siano più invitanti per i consumatori attenti alla salute. Stanno lavorando per sviluppare un nuovo metodo per produrre mozzarella light con proprietà per quanto riguarda la capacità di fondere, la consistenza e il gusto simili alle varietà grasse".
"Per migliorare la consistenza e il gusto", insiste il sito Cordis, "i ricercatori del progetto, coordinati dall'Istituto di ricerca tecnica svedese SP, impiegheranno colture di partenza di nuova formulazione. Si tratta di colture microbiologiche che svolgono la fermentazione. I ricercatori testeranno le condizioni di lavorazione più efficienti in termini di temperatura, pH, grassi del latte e altri fattori fondamentali per la produzione del formaggio. Gli scienziati stanno lavorando anche a un innovativo processo di rivestimento in olio, che migliorerebbe le qualità di fusione della mozzarella. Questo comporta lo sviluppo di un nuovo dispositivo per rivestire il formaggio magro dopo averlo tagliato".
"I partner di CheeseCoat", prosegue l'annuncio comunitario, "sperano (non ne hanno neanche certezza, ndr!) che la tecnologia da loro sviluppata permetterà ai produttori di formaggio di produrre prodotti gustosi e allo stesso tempo sani. La mozzarella con il tre per cento di grassi avrà una consistenza, un aspetto e un gusto simili al formaggio grasso dello stesso tipo. Il "nuovo" formaggio sarà particolarmente adatto all'uso nel settore alimentare industriale, principalmente per la pizza refrigerata o congelata, per i piatti pronti, il fast food, i panini e le insalate, dicono gli scienziati".
Una notizia questa che dovrebbe spingere ogni consumatore consapevole con un po' di raziocinio ad allontanarsi ancor più da prodotti insalubri in partenza, e sempre più manipolati per interessi industriali, perché il problema sul tappeto, a legger bene, non è tanto la salute dei consumatori bensì la determinazione delle industrie a non perdere quote di mercato. Illuminante in questo senso la conclusione del messaggio di Cordis: "Il progetto potrebbe fornire ai produttori europei di formaggio una tecnologia innovativa che darà loro un margine di competitività nell'industria casearia mondiale".
Ciliegina sulla torta, infine, è l'apprendere da questa utile lettura che "L'Ue ha erogato a CheeseCoat un finanziamento di 1,9 milioni di euro". Soldi dei contribuenti spesi parlando di salute pubblica ma operando per quella delle industrie".
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21 ottobre 2013