Com’è buona la Nestlé che sostiene la ricerca italiana

27 aprile 2009 – Ma com’è buona Mamma Nestlé, che oltre a svezzare i nostri piccoli col suo latte in polvere (più volte balzato ai disonori delle cronache per questioni sanitarie e non solo, ndr) oggi ha deciso di sostenere la malconcia Università italiana finanziando quattro progetti di ricerca con un esborso di un milione di Euro.

La multinazionale svizzera, si sa, non bada a spese sul fronte del marketing e della comunicazione, anche se poi dichiara che un bel 25% del fatturato (un’enormità: oltre 12 miliardi di dollari Usa) è investito tutto in ricerca. Ed è interessante vedere di cosa si occuperanno i progetti che si è impegnata a sostenere, perché proprio attraverso loro possiamo comprendere alcuni dei focus su cui la firma del food globalizzato sta orientando il proprio lavoro.

Nella presentazione ufficiale del progetto, avvenuta nei giorni scorsi a Palazzo Rondanini di Roma, al cospetto dei rettori delle Università italiane, il responsabile del mercato italiano di Nestlé Manuel Andrés ha onestamente spiegato che si tratta di «argomenti coerenti con le priorità strategiche del gruppo in area scientifica, e di creazione di valore condiviso sui temi dell’alimentazione, della sostenibilità e multiculturali». Una dichiarazione d’intenti che ha toccato i presenti, strappando loro gli applausi delle grandi occasioni. Applausi che però ci sono sembrati più rivolti al milione di euro (un sogno di questi tempi che lo Stato non sostiene più la ricerca in Italia) piovuto per concretizzare i quattro studi che non all’idea di un’azienda mossa da una spinta di altruismo disinteressato.

Ma cerchiamo di capire il perché Nestlé abbia deciso di investire tutti questi soldi, e vediamo di cosa si occuperanno questi progetti. Il primo si riguarderà “La reputazione dei cibi nei processi di decisione di consumo alimentare”, con il fine di “ottenere un modello di analisi per la misurazione dei criteri che condizionano le scelte d’acquisto alimentare”. Il secondo tratterà  di “Analisi del ruolo dei media nella costruzione e diffusione della rappresentazione sociale della sostenibilità”. Marketing puro, a quanto pare, orientato a conoscere meglio i consumatori e a influenzare le loro scelte. Chi pensasse quindi ad un’azienda illuminata da spinte filantropiche avrà tempo e modo ora per ricredersi…

D’altro stampo il terzo e il quarto progetto, che saranno orientati alla gestione delle merci e alla loro trasportabilità (“Nuovi materiali polimerici per l’imballaggio di alimenti”) e allo sfruttamento delle risorse ambientali in agricoltura (“Individuazione di indicatori precisi dello stress idrico in agricoltura”), due fronti strategici su cui l’azienda è impegnata e la cui ottimizzazione non potrà che comportare forti contenimenti dei costi, nell’ordine di milioni e milioni di dollari. Vale a dire che, com’è ovvio che sia, nessuno a questo mondo fa nulla per nulla, soprattutto se la sua natura è fortemente orientata al business a tutti i costi.

L’importante è che attraverso certe notizie, non filtrate, i consumatori non si ritrovino un domani a vedere una “firma” in modo diverso da quello che è: una macchina orientata a fare soldi, spesso prendendosi rischi di costi sociali elevati. Dopotutto “Business Is Business” e questo è bene che lo si tenga sempre presente.