Come faccia una mosca a finire nella pasta di un formaggio è facile da immaginare, oltre che deprecabile, ma come quel formaggio possa arrivare in una mensa scolastica, nel piatto di un bambino, è difficile – difficilissimo – da accettare, e da sopportare. E così è andata invece, lunedì scorso, dopo che ad un'alunna della quinta elementare dell'istituto Canal di Venezia è capitato di trovarne una. Tagliata la propria fetta di formaggio in due, in quell'esatto istante si è aperto un altro capitolo nero per la ristorazione collettiva della città lagunare, dopo che all'inizio di novembre era stato un insetto nella pasta a conquistare i titoli sui quotidiani e ad accendere le prime polemiche.
E polemiche ancora sono piovute, e giustamente, martedì, sull'istituto e i suoi dirigenti e sulla società che gestisce la ristorazione, la Ames SpA (Azienda Multiservizi Economici e Sociali) su cui sono piombate le ire dei genitori e la richiesta di un cambiamento significativo, di un intervento concreto che sgomberi il futuro dai timori e dalle insidie.
La replica degli interessati non si è fatta attendere, ed è arrivata con un comunicato stampa in cui la società ha risposto ad alcune illazioni circolate precisando di aver vinto l'appalto per la fornitura non sulla base di un'offerta al ribasso ma sulle garanzie qualitative offerte e sottolineando che "tutti i fornitori utilizzati devono possedere la certificazione di qualità, che nessun alimento somministrato ai bambini porta nocumento alla loro salute" e che la Ulss 12 e il Miur svolgono regolari e costanti azioni di controllo e verifica nella gestione ordinaria.
A proposito della Ulss 12, i suoi ispettori in settimana sono tornati ad effettuare altre e più specifiche ispezioni nei locali della Ames, senza riscontrare irregolarità e senza quindi contestare nulla all'azienda. Una notizia questa che ha aggiunto incredulità e sconforto nei già provati genitori, comprensibilmente stanchi per una situazione ormai divenuta impalpabile, con tante e chiare "prove di reato" ma senza l'ombra di un colpevole né di una soluzione.
Genitori che col passar del tempo appaiono sempre più determinati però nel voler venire a capo del dilemma: dapprima con la "soluzione" del panino fatto in casa (sempre più in voga e ora simbolo del paradosso e della protesta diffusa), poi con la richiesta ufficiale, presentata al Comune di Venezia, per dirimere il caso e restituire certezze.
Come se tutto questo non bastasse, un terzo episodio è sopraggiunto giovedì scorso ad aggravare la situazione: la cartilagine di un occhio di pesce è spuntata fuori da una polpetta, goccia che ha fatto traboccare il vaso dell'indignazione e della protesta. Nulla a che fare con la Ames, però, visto che il prodotto arrivava da un fornitore esterno, come peraltro il formaggio (un caseificio biologico dell'Altopiano di Asiago). E ora che la questione inizia ad apparire più chiara (almeno due dei tre casi sono imputabili ad aziende terze) i genitori, esausti, proclamano la costituzione di un comitato. Che richiede di operare esso stesso i controlli sulla filiera alimentare ma che sui fornitori esterni non potrà esercitare verifica alcuna.
2 dicembre 2013