Zanoni (Pd) a Bruxelles: ”intervenire sulle diossine nella pianura lombarda”

Si parla ancora di diossine in questi giorni sulle pagine di molte testate nazionali (persino nel latte materno, in Molise, Emilia, Lombardia), e se solo ci si sofferma a leggere i titoli, si scopre che la mappa di questo flagello ambientale non tocca unicamente i casi più eclatanti dell'Ilva di Taranto e della Terra dei Fuochi, ma è molto ma molto più estesa. Perché oltre alle fonti di emissioni più o meno illecite e conosciute (mancato rispetto delle normative, ecomafie, discariche abusive) ci sono una miriade di sorgenti autorizzate, legali e note, figlie dell'antropizzazione, di una spesso cattiva gestione dei rifiuti, dei cosiddetti termovalorizzatori, oltre che dei poli produttivi industriali.

Vittime di questa situazione lo siamo – chi più, chi meno – un po' tutti per l'aria che respiriamo, ma anche per ciò che mangiamo, visto che diossina e Pcb hanno il maledetto potere di essere solubili nei grassi e di accumularsi nei tessuti grassi degli animali e nei grassi dei loro prodotti (uova, latte, carni e derivati).

 

L'europarlamentare Andrea Zanoni in un'immagine tratta dal suo sito webSu questa tematica l'eurodeputato Andrea Zanoni (ex Idv, ora in quota al Pd) ha presentato nei giorni scorsi un’interrogazione alla Commissione europea, denunciando i risultati del monitoraggio nazionale su diossina e Pcb in latte e uova prodotti in prossimità dei siti inquinati di interesse nazionali. Dati allarmanti in particolare nella pianura lombarda. In sostanza il problema che emerge dalle parole di Zanoni è chiaro: la priorità in determinate aree è quella di «proteggere la salute di chi si alimenta con prodotti fatti in casa».

 

«L'Ue», prosegue sul suo sito web il parlamentare europeo, che al Parlamento Europeo è membro della commissione Envi (Ambiente, Sanità Pubblica e Sicurezza Alimentare), «aiuti chi si nutre di generi alimentari autoprodotti a non avvelenarsi con le proprie mani». 

 

I siti gravemente inquinati sono cinquantasette, ed «in particolare sono allarmanti i risultati della Lombardia. I dipartimenti di prevenzione veterinaria delle Aziende Sanitarie Locali (Asl) hanno analizzato campioni di uova provenienti da novantuno allevamenti destinati all’autoconsumo nel raggio di dieci chilometri dai siti industriali di Sesto San Giovanni, Cerro al Lambro e Mantova. Nel 75% delle uova analizzate il quantitativo di diossina e Pcb risulterebbe essere superiore al limite di 6 picogrammi per grammo di grasso previsto dal regolamento Ce n. 1881/2006. E non è la prima volta che le uova dei pollai familiari lombardi fanno paura», spiega Zanoni.

 

«Visto che il sospetto è che il vicino polo industriale sia uno dei responsabili di questa contaminazione», ha concluso Zanoni, «ho richiesto alla Commissione Europea se si sono verificati casi simili in altri Paesi dell'Ue e come Bruxelles intenda proteggere la salute di quei consumatori che, comprensibilmente, amano nutrirsi di generi alimentari auto prodotti».

 

Già nel 2010, a seguito di una campagna straordinaria di monitoraggio della Regione della Lombardia erano emersi diversi casi. A Mantova, ad esempio, la diossina risultò presente in sette dei nove campioni prelevati in prossimità dei poli industriali. Indagini successive confermarono poi la presenza dei contaminanti in quattro dei sette casi iniziali. Allora qualcuno cercò di depistare le ragioni dell'inquinamento, puntando il dito verso le pratiche di allevamento sbagliate (quali ad esempio il riutilizzo di bidoni di vernici e oli esausti come contenitori per il mangime, i roghi di materiale plastico, la presenza nei pollai di frammenti di pneumatici o polistirolo espanso, e tutte ci appaiono concause più che cause, ndr) e non nella direzione suggerita ora da Zanoni, vale a dire quella dei poli industriali. «In alcuni casi», spiega lo stesso Zanoni, «tali cattive pratiche zootecniche non sembrerebbero essere sufficienti a giustificare la contaminazione».

 

In sostanza urge un intervento risolutivo, e i lumi ancora una volta li aspettiamo da Bruxelles: i siti inquinati di interesse nazionale sono aree che necessitano di bonifica del suolo, del sottosuolo e a volte anche delle acque superficiali e sotterranee, come previsto dal decreto legge 152/2006, meglio conosciuto come “Codice dell’Ambiente”.

 

27 gennaio 2014