Origine materie prime: cade il segreto, ma non sapremo mai i nomi

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Non gridino troppo “vittoria” i consumatori che hanno appreso, la scorsa settimana, dell’apertura concessa dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin alla richiesta avanzata dalla Coldiretti per togliere il cosiddetto “segreto di Stato” sull’uso di materie prime straniere nelle produzioni alimentari italiane. La mossa della principale confederazione agricola nazionale segue gli innumerevoli presìdi compiuti negli ultimi anni ai principali valichi di frontiera dal popolo degli agricoltori “gialli” per dimostrare il cospicuo traffico di prodotti agrozootecnici che le industrie del nostro Paese acquistano sempre più all’estero per poi trasformarli in Italia (sarebbero all’incirca un terzo del totale, ndr), mettendo così in crisi il mondo agricolo e beffando ogni giorno il popolo degli ignari consumatori.

A differenza però di quanto possa essere sembrato a chi abbia letto in merito a questa vicenda dalla stampa quotidiana, è assai probabile che chi in futuro andrà sulle etichette a caccia di informazioni utili, per scovare i prodotti non del tutto italiani, rimarrà deluso. Il comitato che di qui a breve nascerà in seno al Ministero della Salute e che – è stato assicurato – “verrà composto da esperti in materia”, sarà incaricato di definire, in tempi brevi, la procedura per risolvere l’annoso problema. Ma nessuno ha parlato sinora (e a nostro avviso è da escludere, viste le annose pressioni delle industrie che reclamano una competitività internazionale giocata giorno per giorno sull’accesso alle materie prime più a buon mercato, ndr) di un intervento sull’etichettatura.

Stando a quanto trapelato da fonti Coldiretti, infatti, al ministero si stabiliranno – e la frase appare invero sibillina – “le modalità attraverso cui saranno rese disponibili le informazioni relative alla provenienza dei prodotti agroalimentari a soggetti che dimostrino un legittimo interesse all’utilizzo di tali dati”. Cosa significhi non è ben chiaro, e questo fa parte del linguaggio “politichese” a cui dovremo essere ben abituati, ma cosa non significhi pare altrettanto certo: il consumatore dovrà continuare a fidarsi perché d’ora in avanti le cose andranno senza dubbio meglio.

Se di prove provate per il consumatore non se ne intravede quindi ombra, certo è che una serie di scandali, susseguitisi nei mesi e negli anni scorsi (ultimo dei quali, quello del traffico di carni equine “dopate” – leggi qui – laddove indicate erano carni bovine, ndr) hanno ora indotto il ministro Lorenzin ad un’apertura che seppur non risolutiva nei termini dell’informazione al consumatore, dovrebbe porre qualche freno all’accesso alle materie prime estere quantomeno per ciò che concerne i prodotti più palesemente “made in Italy”. Andrebbe così in soffitta la teoria, più volte addotta dai vertici delle organizzazioni dell’industria agroalimentare secondo cui un prodotto è italiano non tanto per la materia prima impiegata quanto per la “cultura” della trasformazione che vi è insita.

Secondo il presidente nazionale di Coldiretti Roberto Moncalvo la cosiddetta “eliminazione del segreto di Stato” «su informazioni che attengono alla salute ed alla sicurezza di tutti i cittadini realizza una condizione di piena legalità diretta a consentire lo sviluppo di filiere agricole tutte italiane che sono ostacolate dalla concorrenza sleale di imprese straniere e, soprattutto, nazionali, che attraverso marchi, segni distintivi e pubblicità, si appropriano illegittimamente dell’identità italiana dei prodotti agroalimentari».

17 maggio 2014