L’etichettatura “a semaforo” – adottata sin dal 2012 dalla Gran Bretagna per i prodotti alimentari circolanti sul mercato interno – non piace a Bruxelles. Martedì scorso la Commissione Europea ha dato il via libera all’abolizione di questo discusso e discutibile sistema di informazione ai consumatori, con una lettera di messa in mora che rappresenta la prima tappa della procedura di infrazione al Trattato Ue. Al centro delle contestazioni contenute nella missiva indirizzata al governo britannico, c’è l’introduzione di un sistema di etichettatura e riconoscimento giudicato approssimativo e fuorviante.
“La lettera di messa in mora alla Gran Bretagna” , hanno spiegato gli esperti della CE, “non mette in discussione l’obiettivo perseguito dal Regno Unito di informare i consumatori per aiutarli a proteggere la loro salute, ma contesta il modo in cui ciò viene fatto”. Per chi non lo conoscesse, la “traffic light label”, come è chiamata in patria, prende di mira grassi, proteine e zuccheri presenti nell’alimento, e liquida tutto con un verde (consumatene pure!) per i prodotti che ne contengono pochi, un arancione per quelli che ne contengono moderatamente, e un rosso per i più “rischiosi”. In questo modo l’olio d’oliva, la carne e il formaggio nato sul pascolo (ricchi di grassi polinsaturi e altre sostanze nutraceutiche) finiscono nei carrelli della spesa dei pochi veramente informati (è davvero inquietante andare verso la cassa con tanti bollini rossi davanti!), mentre gli alimenti e le bevande light, ad esempio, con i loro “bei” corredi di coloranti e conservanti hanno la strada spianata per raggiungere in gran quantità le case dei consumatori.
E così, mentre al governo britannico rimangono appena sessanta giorni per rispondere ai rilievi formali sollevati dalla Commissione Europea, dalle pagine dei tabloid britannici si alza una controffensiva rivolta al “sistema Italia”, indicato come il primo propugnatore dell’opposizione ad un’etichetta ormai entrata nelle consuetudini di milioni di sudditi della regina. Ci vanno giù duri The Times, il Telegraph e il Daily Mail, che puntano letteralmente il dito contro il nostro Paese, sostenendo che le molte iniziative e prese di posizione giunte a Bruxelles dall’Italia abbiano avuto unicamente motivazioni economiche e nessun argomento salutistico. Come se la dieta mediterranea non si basasse largamente sui prodotti e sulla cultura alimentare del nostro Paese.
6 ottobre 2014