Una delle sfide più importanti che la microbiologia lattiero-casearia ha davanti a sé è quella di capire la formazione, la funzione e l'evoluzione degli ecosistemi microbici nei formaggi. Sinora i microbi sono stati studiati per lo più individualmente e in laboratorio, ma è pur vero che i microbi in natura esistono non isolati gli uni dagli altri bensì come complesse comunità multi-specie. Le varie aggregazioni microbiche esistenti sono riconosciute da tempo come fondamentali nel funzionamento dell'ecosistema, essendo parte attiva nella vita degli esseri viventi, avendo il ruolo di incidere sulla salute di essi sia positivamente che negativamente. È questo l'assunto del lavoro della dottoressa Rachel Dutton, giovane e talentuosa microbiologa alla Harvard University.
La Dutton, coinvolta di recente assieme ad altri colleghi nello studio dell'attività microbica presso i locali di stagionatura della Manor Farm della famiglia Montgomery, nel Somerset (Inghilterra) spiega che «al fine di comprendere appieno il funzionamento dei microbi nel contesto delle comunità complesse in cui vivono al di fuori del laboratorio», noi ricercatori «necessitiamo di sistemi-modello con i quali poter combinare i progressi nella genomica con la tradizione della genetica classica e della microbiologia». Il mondo dei formaggi a latte crudo è per questa ricerca quanto di più affascinante possa esistere, grazie all'infinità di combinazioni microbiche esistenti, diverse l'una dall'altra nelle capacità metaboliche da cui dipendono le diversità di odori, sapori e texture.
«Nella nostra azienda», ha sottolineato il padrone di casa Jamie Montgomery, «facciamo Cheddar artigianale da tre generazioni. Mio nonno acquistò la tenuta nel 1911 e i nostri prodotti sono naturalmente molto ricchi di microbi, che poi è la nostra grande fortuna, essendo questo un fattore di distinzione dalla maggior parte dei formaggi da supermercato, fatti con latte in cui la pastorizzazione uccide tutti i batteri: quelli potenzialmente nocivi ma anche quelli buoni».
Ecco, uno dei principali patrimoni di aziende che lavorano a latte crudo sono i microbi presenti nei locali di produzione e di stagionatura, e nel latte stesso. «Le comunità di microbi», conclude Montgomery, «conferiscono ai nostri prodotti la varietà e la ricchezza che i formaggi commerciali non potranno mai copiare. È questa la nostra difesa, il grande vantaggio che l'artigiano casaro ha, e che deve difendere, per distinguersi».
E proprio nell'azienda di Montgomery, la Manor Farm, la dottoressa Dutton si è trovata in uno dei suoi ambienti preferiti, anche se poi quello in cui sviluppa il suo lavoro è il laboratorio. Dopo aver analizzato ben 137 diversi formaggi provenienti da dieci differenti Paesi, la microbiologa e il suo gruppo di lavoro hanno individuato tre principali comunità microbiche che vivono su di essi, studiando i meccanismi di competizione e di cooperazione esistenti tra microbi e funghi. «L'obiettivo di questa attività», ha spiegato la ricercatrice, «è stato quello di identificare qualcosa come un organismo-modello delle comunità microbiche. Qualcosa che si possa trasferire in laboratorio, replicare e manipolare» (sob!, ndr).
«Abbiamo fatto diversi viaggi in vari Paesi europei», ha proseguito la Dutton, «lavorando direttamente con i casari, raccogliendo campioni, rimanendo in contatto con loro e facendoci inviare altri campioni in seguito. Quello che abbiamo finito per trovare è che alcuni microbi sono presento in tutte le aree in cui si produce il formaggio. Una delle cose da capire ora è se esistano differenze nello stesso tipo di formaggio prodotto in aree diverse: in Francia e nel Vermont, per esempio, o se con le stesse comunità nello stesso posto possano esistere formaggi diversi».
Nella più viva speranza che i segreti dei formaggi a latte crudo rimangano tali per lungo tempo o meglio per sempre, la certezza è una sola: per quanto armata del supporto di larga parte del mondo scientifico, crediamo che al più l'industria riuscirà a scimmiottare la biodiversità dei formaggi d'autore traendone al massimo delle brutte copie. Ma di certo mai riuscirà a competere con quelli sul campo della salubrità alimentare.
10 novembre 2014