15 giugno 2009 – L’Italia delle fiere del bestiame si è saputa costruire nel tempo una facciata fatta di record di produttività, di concorsi e di premi e di un posticcio sapore di sagra di campagna, coi genitori che portano i bimbi ad accarezzare l’asino e a osservare la scrofa che allatta, senza però sapere se e quanto quegli animali lì siano a proprio agio, siano ben trattati e tutelati.
Purtroppo la realtà di molti di questi eventi è ormai caratterizzata da un “dietro le quinte” indifendibile: ricco di abusi, maltrattamenti e violenze su questi animali “da reddito”, che costretti a soffrire e talvolta a morire in nome dello “show business”.
È quanto denunciano, con l’approssimarsi della Fiera del Bestiame di Monza (24 giugno) molte associazioni animaliste tra cui Enpa (Ente Nazionale Protezione Animali), Oltre la Specie Onlus e Vita da Cani, che segnalano i non pochi “incidenti” occorsi nelle passate edizioni: dalla capra che l’anno scorso dette alla luce un capretto senza che né l’allevatore né i veterinari Asl se ne accorgessero (e che fece ritorno in azienda alla sera, con gli stessi e inadeguati mezzi usati per il trasporto in fiera) all’asino che nel 2007 morì per poi scomparire nel nulla nel corso della manifestazione (senza che nessuno aprisse un’indagine per stabilirne le responsabilità), al cavallo trovato esanime all’interno di un furgone al sole e senza acqua, e salvato per il provvidenziale allarme lanciato da un passante.
Una lista che potrebbe continuare all’infinito, fatta di vessazioni, di colpevoli dimenticanze, di crudeltà, tanto a Monza come in mille altre parti di questo nostro Occidente, e che più realisticamente segna in modo chiaro e inequivoco i contorni di un rapporto malato tra chi alleva animali da reddito (da latte o da carne) trattandoli come oggetti, e gli animali stessi, che per loro natura sono costretti a subire in silenzio. La differenza la possono fare solo i consumatori: chi continui a cibarsi di prodotti provenienti da una certa zootecnia industriale sappia di essere tanto responsabile quanto chi allevi pretendendo di avere 50 litri di latte al giorno da ogni propria mucca.
Per dare forza a questa denuncia e concretezza alla propria azione, i gruppi animalisti artefici della denuncia hanno richiesto al Comune di Monza di riconvertire la “Fiera del Bestiame” in una sana “Festa degli Animali”, presentando al primo cittadino e all’assessore all’agricoltura un progetto che permetterebbe alla città brianzola di distinguersi e divenire protagonista nel tempo di un “nuovo corso” nella gestione di questo genere di eventi. Un progetto in cui sarebbero coinvolti trentacinque-quaranta animali, appartenenti a diciassette diverse specie. Animali salvati dal macello, provenienti da oasi protette, non più stressati dalle logiche iperproduttive, trasportati con i più attenti accorgimenti, mai lasciati senza acqua, sempre accompagnati e seguiti da personale specializzato, preposto, oltre che ad accudirli, anche a soddisfare ogni curiosità del pubblico, raccontando delle specie, delle razze e delle vicende del singolo animale.
Un progetto che avrebbe portato Monza ad essere apripista di un modo nuovo di “fare fiera” in zootecnia, e di un più sano modo di intendere il rapporto con gli animali, senza perdere il legame col passato, ma che non ha trovato i favori dell’amministrazione pubblica monzese, che non l’ha accolta, forse preoccupata più di non guastare i buoni rapporti con le lobby degli allevatori e dei mangimi che a guardare un palmo al di là del proprio naso.
Chi voglia sostenere l’azione di Oltre la Specie, può firmare la petizione, ciccando qui: http://www.oltrelaspecie.org/petizione-fiera-del-bestiame.htm