Il Cra spinge per l’efficienza della zootecnia intensiva

Sempre più spesso ormai le capre sono costrette alla stabulazione e ad un'alimentazione contronatura. Il motivo? Voler produrre quantità, a dispetto di una qualità tutta da dimostrare - foto Feed Concept©Il Cra ha presentato martedì scorso a Roma i risultato del progetto Sccai vale a dire gli “Scenari di Cambiamenti Climatici per gli Allevamenti Italiani”. L’ente, il cui acronimo completo sta per “Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, ha coordinato la ricerca attraverso la collaborazione con l’Inea (Istituto Nazionale di Economia Agraria). 

Il progetto – finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali – ha visto anche il coinvolgimento del Crpa (Centro Ricerche Produzioni Animali) ed è finalizzato all’analisi di diverse opzioni tese a mitigare le emissioni di gas serra da applicare in alcune produzioni zootecniche. Dai suoi contenuti dovrebbe derivare una concreta risposta alle politiche sul clima a livello internazionale, dal protocollo di Kyoto a Rio+20, al pacchetto “Clima ed energia 2020” della nuova Politica agricola comunitaria (2° pilastro dello sviluppo rurale).

Lo studio ha quantificato l’impronta carbonica delle principali filiere zootecniche italiane, vale a dire quella della bovina da latte per la produzione di latte alimentare, quella della bovina da latte per la produzione di formaggio Parmigiano-Reggiano, quella del bovino da carne (allevamenti da ingrasso), del suino pesante, del pollo da carne e della gallina ovaiola. Per ciascuna filiera sono state selezionate delle “aziende tipo”, definendone le principali caratteristiche: la localizzazione, la dimensione aziendale, la produttività, la modalità di stabulazione e di gestione degli effluenti, le superfici aziendali, le rotazioni colturali, la quota di autosufficienza nella produzione degli alimenti.

Chiedetevelo: che carne è se se sono stati alimentati con mangimi la cui composizione spesso non è conosciuta neanche dall'allevatore?Fatto questo, è stata presa un’unità di prodotto aziendale di riferimento, vale a dire: 1 kg di latte per le aziende bovine da latte, 1 kg di carne (peso vivo) per le aziende bovine, suinicole e avicole, 1 kg di uova intere per le aziende avicole da uova. L’analisi del ciclo produttivo è stata effettuata secondo l’approccio “from cradle to farm gate”, vale a dire “dalla culla al cancello dell’azienda”, escludendo i processi che avvengono a valle dell’azienda agricola, in quanto l’allevatore non ha possibilità di incidere su di essi.

I risultati hanno messo in evidenza come l’elemento più determinante nel ridurre l’impronta carbonica sia l’elevata produttività aziendale, un esito facilmente comprensibile dal momento che questa è rapportata all’unità di prodotto. In generale, è emerso che l’adozione di tecniche e pratiche più efficienti è la chiave per la riduzione dell’impronta del carbonio delle produzioni agrozootecniche: dalla riduzione delle emissioni enteriche (ruminanti) a quella dell’apporto proteico della razione; dalla gestione delle deiezioni all’ottimizzazione delle fertilizzazioni, dalle misure per la produzione e il risparmio di energia a quelle per il sequestro del carbonio.

altConclusioni che rendono ancora più profondo il solco tra una zootecnia intensiva – che guarda all’efficienza non potendo più tornare sui suoi passi – e una zootecnia estensiva che (anch’essa avrebbe bisogno di lumi da parte della ricerca, ndr) dovrà puntare sempre più verso l’ottimizzazione delle buone pratiche agrozootecniche nel contesto del miglior agroecosistema possibile.

Tornando al progetto del Cra, sono ora previste delle azioni di trasferimento dei risultati agli allevatori, sia attraverso l’opuscolo informativo “Emissioni di gas serra degli allevamenti italiani. Quali scenari?”, sia attraverso incontri formativi sul territorio con gli allevatori. «Per rendere sostenibile l’agricoltura reale», ha dichiarato il subcommissario straordinario del Cra Michele Pisante, «l’innovazione e la diffusione della conoscenza tra gli operatori del settore offrono l’opportunità di illustrare le nuove strategie per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, in sinergia con gli obiettivi di tutela ambientale e salvaguardia della biodiversità, senza trascurare il benessere degli agricoltori attraverso idonee forme di sostegno economico». Come a dire: seguite questi indirizzi e qualche linea di credito ci sarà anche per voi in futuro.

4 maggio 2015