Le persone che praticano una dieta alimentare ben bilanciata e varia, al cui interno trovano spazio regolarmente il latte e i suoi derivati, tendono ad avere una pressione più stabile nel tempo e si mantengono lontane dal rischio dell’ipertensione. A giungere a queste conclusioni (che a noi non sorprendono, ma solo se il latte è di animali alimentati ad erba e fieno) è giunto lo studio condotto da un gruppo di ricerca della Tufts University di Boston, negli Usa.
La ricerca, che si basa sui dati analitici raccolti in oltre quindici anni su più di 2.600 persone, è stata recentemente pubblicata dal prestigioso “British Journal of Nutrition” con il titolo originale “Longitudinal association of dairy consumption with the changes in blood pressure and the risk of incident hypertension: the Framingham Heart Study” (“Associazione longitudinale tra consumo di latticini, cambiamenti della pressione sanguigna e rischio di ipertensione incidente: il Framingham Heart Study”).
I problemi legati alla pressione sanguigna nel nostro Paese sono rilevanti: i dati del “Progetto Cuore” dell’Istituto Superiore di Sanita parlano chiaro. L’ipertensione arteriosa colpisce in media il 31% delle donne e il 33% degli uomini, a cui si aggiungono rispettivamente il 14% e il 19% di soggetti a rischio.
Nello studio, l’analisi sul rapporto tra il consumo dei prodotti lattiero-caseari e le variazioni della pressione sanguigna ha rilevato un minor incremento della pressione sistolica e di quella diastolica tra chi consuma almeno tre porzioni di latte e derivati del latte a settimana, rispetto a chi li assume occasionalmente, meno di quattro volte al mese. I ricercatori hanno anche riscontrato che i consumatori di prodotti lattiero-caseari rischiano, con l’avanzare dell’età, l’ipertensione in misura ridotta rispetto agli altri.
A determinare l’effetto positivo dei prodotti lattiero-caseari sulla pressione arteriosa sarebbe un cocktail di nutrienti: dai peptidi bioattivi, derivanti dalla digestione delle proteine del siero di latte, agli acidi grassi a media catena, al calcio, al potassio, al magnesio. I primi agirebbero come veri e propri antipertensivi, inibendo l’attività dell’enzima convertitore dell’angiotensina (Ace) e contribuendo, così, al controllo della vasocostrizione delle arterie e dei volumi di fluidi extracellulari. Acidi grassi e micronutrienti vari potrebbero invece contribuire alla regolazione della resistenza dei vasi sanguigni e alla promozione della vasodilatazione.
Le conclusioni a cui il Framingham Offspring Study è giunto portano ulteriori conferme a numerose precedenti ricerche che dimostrano gli effetti positivi dei prodotti lattiero-caseari sul controllo della pressione e sulla prevenzione dell’ipertensione, con positive conseguenze riscontrabili a partire dall’età infantile. In particolare, una meta-analisi condotta su nove studi prospettici effettuati negli Stati Uniti e in Europa (basata su oltre 57mila persone) e pubblicata su “Hypertension” ha concluso che consumare ogni giorno 200 grammi tra latte e derivati riduce (del 3% circa) il rischio di pressione sanguigna eccessivamente alta.
Il valore dei prodotti lattiero-caseari in chiave anti-ipertensione emerge anche dal loro ruolo all’interno della dieta Dash (Dietary Approaches to Stop Hypertension), sviluppata espressamente per combattere l’ipertensione. Questo regime alimentare, di grande successo negli Stati Uniti, si basa sulla diminuzione dell’intake di sale e sull’aumento dell’apporto dei due minerali anti-ipertensivi per eccellenza: il potassio, contenuto nei prodotti ortofrutticoli, e il calcio, fornito dai prodotti lattiero-caseari. Al contrario, una dieta “povera” e carente di prodotti lattiero-caseari rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio per il progressivo innalzamento, anno dopo anno, della pressione sanguigna ed espone a una maggiore possibilità di sviluppare ipertensione.
Intervistato dalle agenzie di stampa Usa, il Dottor Dariush Mozaffarian, cardiologo ed epidemiologo oltre che decano della Tufts University, ha sottolineato che «la gente dovrebbe concentrarsi di più sui grassi sani, come quelli presenti nelle noci e nel pesce, anziché crucciarsi sui conteggi di calorie e sulla paura del grasso».
9 novembre 2015
Clicca qui per la version integrale dello studio “Longitudinal association of dairy consumption with the changes in blood pressure and the risk of incident hypertension: the Framingham Heart Study” (in formato pdf)