"Il latte degli animali trattati con antibiotici non entra nel circuito della distribuzione, vendita o trasformazione". È quello che si sono preoccupati di comunicare, martedì scorso 10 novembre, i responsabili dell'Aras, l'Associazione Regionale Allevatori della Sardegna, raccontando nei minimi dettagli il funzionamento del complesso sistema di controlli, che si basa su verifiche incrociate tra caseifici, Aras, Asl e Izs (Istituto zooprofilattico superiore), a garanzia della salute animale, delle aziende zootecniche e a tutela dei consumatori tutti.
In caso di trattamento antibiotico, gli animali da latte vengono sì munti, com'è bene che sia, ma il prodotto contaminato dal farmaco non viene utilizzato per scopi alimentari bensì per la produzione di biogas. In poche parole, il latte sardo in circolazione è "antibiotico free". Ad assicurarlo sono i tecnici dell'associazione, che monitorano quasi la totalità del latte vaccino e quasi il 70% di quello ovicaprino.
«Siamo», ha spiegato il responsabile dei laboratori di analisi dell'Arsa, Ignazio Ibba, «tra le regioni più virtuose, grazie ad un sistema di controlli molto ben collaudato. Una procedura rigorosissima in cui "i controlli avvengono all'interno di un sistema che offre le massime garanzie: ogni mese il latte di ogni allevatore è analizzato due volte, mentre quello dei camion di raccolta è controllato ogni giorno. Nei rarissimi casi di presenza di antibiotici, inviamo entro le 24 ore la comunicazione al caseificio e alla Asl competente, che escludono l'allevatore dall'attività di raccolta. In questo modo è garantito al 100% che l'eventuale latte contaminato non sarà consumato o trasformato in formaggio».
«Abbiamo messo in campo», ha poi aggiunto il direttore dell'Aras Marino Contu, «un programma di assistenza su due livelli interdipendenti, uno sui controlli del latte e l'altro sulla prevenzione e trasmissione di informazioni agli allevatori. Il successo è palese e testimoniato dai numeri: oggi siamo gli unici a poter certificare di produrre latte e carni sane, sicuri e di qualità, provenienti da allevamenti allo stato brado che rispettano il benessere animale».
«La media di positività», incalza poi Ibba, «è tra le più basse al mondo. Stiamo parlando di due casi ogni mille per gli ovinicaprinie di tre per il vaccino. Per fare un confronto, basti pensare che in Baviera questo dato è attorno al 6%». I pochi casi positivi in Sardegna, continua Ibba, «sono dovuti soprattutto a negligenza e a mancanza di coordinamento in allevamento», non certo a dolo. Per quanto complesso, quindi, il sistema funziona, e il numero delle analisi è in costante crescita. «Ne effettuiamo ogni anno più di 11mila per i bovini, 85mila per gli ovini e 14mila per i caprini», spiega Mario Cataldi, che all'Aras è capo servizio provinciale della sezione di Oristano. «Numeri più che raddoppiati rispetto al 2010».
Un sistema quindi già pienamente rodato, in grado di affrontare serenamente restrizioni e verifiche introdotte di recente da Bruxelles e tese alla drastica riduzione di farmaci e in particolare degli antibiotici, al fine di contrastare il fenomeno dell'antibiotico-resistenza.
16 novembre 2015