Hawaii: ”Fu il latte a causare il Parkinson”. O forse anche no

foto Life Clinica Campinas©Una ricerca epidemiologica, denominata “Honolulu-Asia” e condotta alle Hawaii, è stata pubblicata mercoledì scorso 9 dicembre sul giornale online “Neurology“. Lo studio avrebbe rivelato l’esistenza di un legame – e il condizionale è d’obbligo – tra un’alto consumo di latte contaminato da pesticidi e il rischio di sviluppare la malattia di Parkinson.

Per condurre la ricerca, gli autori ingaggiarono, a metà degli anni Ottanta, 449 persone di mezza età – americani e giapponesi – seguendone lo stato di salute nel tempo, sino alla morte di molti di loro. Ai partecipanti furono richieste molte informazioni sulle proprie abitudini alimentari.

Durante le autopsie i medici hanno in particolare esaminato se i pazienti avevano un deficit di neuroni nella regione cosiddetta “della sostanza nera”, una zona del cervello particolarmente coinvolta nello sviluppo del morbo di Parkinson. Una perdita di neuroni in questa regione può verificarsi addirittura alcuni decenni prima della comparsa dei sintomi.

I ricercatori hanno tentato di rilevare nei soggetti esaminati la presenza di residui di epossido di eptacloro, pesticida un tempo molto utilizzato nelle Hawaii per la coltivazione di ananas. E proprio all’inizio degli anni Ottanta risalgono dei casi di inquinamento di latte e di acque tardivamente scoperti dalle autorità sanitarie.

Responsabile il latte? Non saprei, ma intanto ne parlo
La ricerca ha permesso di accertare che i residui di epossido di eptacloro erano presenti nel 90% di chi consumava più di 16 once di latte al giorno (oltre 473 ml) e solo nel 63% di chi non aveva assunto per niente il latte. Gli autori però hanno confessato di non essere riusciti a verificare che il latte consumato conteneva quantità rilevanti del pesticida.

Il dottor Robert Abbott dell’Università degli Studi di Scienze Mediche Shiga, a Otsu, in Giappone, ha anche sottolineato che «lo studio non prova una relazione causale, bensì un’associazione tra esposizione ai pesticidi e rischio di contrarre la malattia di Parkinson». Un’altra ipotesi vedrebbe il latte come un agente facilitatore del morbo di Parkinson, in quanto in grado di ridurre il consumo di acido urico plasmatico, di cui sono note le proprietà neuroprotettive, in modelli animali.

Effetto neuroprotettivo di sigaretta
Da notare che nei soggetti non fumatori che bevevano più di due tazze di latte al giorno è stato riscontrato il 40% in meno di neuroni nella regione nera. Un risultato coerente con altri studi secondo cui i fumatori avrebbero un rischio ridotto di sviluppare la malattia di Parkinson.

“Questa ricerca è un esempio di come gli studi epidemiologici possono aiutare a comprendere i meccanismi alla base della malattia di Parkinson”, spiegano in un editoriale (US Istituto Nazionale di Scienze Ambientali e Salute) i dottori Honglei Chen e Karen Marder (Taub Institute per la ricerca sul morbo di Alzheimer e l’invecchiamento del cervello, presso la Columbia University). “In futuro gli studi su questa malattia”, assicurano, “punteranno a raccogliere anche le informazioni sull’ambiente in cui hanno vissuto le persone che vi hanno partecipato”.

A nostro avviso però, al di là dell’impossibilità di stabilire se i latti ingeriti dalle persone oggetto della ricerca furono contaminati o meno, sarebbe opportuno che gli studiosi dessero unicamente le notizie di cui sono certi. In questo caso, che un pesticida ormai vietato (dal 2004) nel mondo occidentale (e non il latte)sarebbe il responsabile di una patologia degenerativa.

Altrimenti, e vedrete che accadrà, non si farà altro che foraggiare ancora di cartucce l’esercito dei vegani, mettendolo in condizione di divulgare ad arte l’ennesima panzana, col sempre malcelato fine di screditare il mondo del latte.

14 dicembre 2015