I ricercatori dell'Eth (Politecnico Federale di Zurigo) hanno pubblicato, lunedì scorso 25 gennaio, i risultati di una ricerca destinata a rivoluzionare il mondo delle bonifiche ambientali e più in particolare quello delle acque particolarmente e gravemente inquinate: da metalli pesanti e da sostanze radioattive. Il nuovo sistema di filtraggio delle acque supera i procedimenti attualmente utilizzati offrendo vantaggi sui piani del costo, dell'efficacia dei risultati e della semplificazione della metodologia applicativa.
In effetti le pratiche di disinquinamento attuate sinora per rimuovere dall'acqua i metalli pesanti sono caratterizzate da diversi svantaggi: o sono troppo mirate a "colpire" un elemento specifico o la loro capacità di filtrazione è limitata. Se questo non bastasse, si tratta di sistemi che risultano troppo spesso molto costosi.
La soluzione in arrivo dalla Svizzera, invece, consisterebbe in un nuovo tipo di membrana filtrante ibrida, sviluppata dello staff diretto dal professor Raffaele Mezzenga, docente di "Alimenti e Materiali Morbidi" al Politecnico di Zurigo, coadiuvato dal ricercatore Sreenath Bolisetty. Questa tecnologia è caratterizzata da una struttura filtrante estremamente semplice e dall'uso di materie prime di costo assai contenuto, quali sono le fibre proteiche del siero del latte e il carbone attivo. In sostanza, gli ioni metallici pesanti possono essere quasi completamente separati dell'acqua in un solo passaggio, attraverso la membrana di un filtro.
«Questo progetto è tra i più rilevanti da me condotti», ha dichiarato un entusiasta Mezzenga, annunciando la pubblicazione dello studio sulla rivista "Nature Nanotechnology" e sottolineando i principali dettagli del suo "uovo di Colombo". In sostanza il cuore del sistema di filtraggio è un nuovo tipo di membrana ibrido, costituito da carbone attivo e da fibre proteiche del siero, rigide. I due componenti sono economici da ottenere e di semplice realizzazione. Innanzitutto, le proteine del siero vengono allungate attraverso la loro denaturazione, fondendosi in forma di fibrille amiloidi. Associate al carbone attivo (lo stesso già utilizzato, oltre che dall'industria farmacologica, anche per la filtrazione e la purificazione di vari fluidi), queste fibre vengono applicate ad un materiale di substrato quale la carta da filtro di cellulosa. Il contenuto di carbonio del filtro è così pari al 98%, mentre il restante 2% è costituito dalle proteine del siero.
La membrana messa a punto dal team dell'Eth ha la prerogativa di assorbire diversi metalli pesanti quali piombo, mercurio, oro e palladio ma anche sostanze radioattive, come l'uranio o il fosforo-32. È inoltre in grado di eliminare i cianuri presenti nelle acque, e tra di essi il cianuro di oro, utilizzato dall'industria per realizzare piste di conduzione su circuiti elettronici. Gli studiosi stanno ora lavorando alla separazione selettiva dei metalli, e l'intento evidente è quello di recuperare l'oro e altri metalli preziosi, con il dichiarato obiettivo di prendere i proverbiali due piccioni con una fava. Secondo il professor Mezzenga, «il profitto generato dal recupero dell'oro potrebbe superare di 200 volte il costo delle membrane ibride».
Come funziona
Il processo di filtrazione messo a punto nei laboratori dell'Eth è estremamente semplice: l'acqua contaminata viene aspirata per depressione attraverso la membrana. «Una depressione sufficientemente forte», spiega Mezzenga, può essere prodotta con una semplicissima pompa a mano, la qual cosa permette di operare anche in assenza di elettricità».
Mezzenga, che si è detto fiducioso circa la rapida applicazione del sistema, è apparso entusiasta circa la capacità filtrante della membrana ibrida, che nei test con il cloruro di mercurio, per esempio, ha trattenuto il 99,5% del mercurio presente. L'efficienza del filtraggio è apparsa persino più elevata con un composto tossico di cianuro d'oro e potassio, trattenuto per il 99,98%, e con sali di piombo, assorbiti per il 99,97%. L'uranio radioattivo, invece, è stato filtrato per il 99,4%. Il tutto con un solo passaggio», ha dichiarato raggiante il coautore dello studio, Sreenath Bolisetty.
Infine, un dettaglio assai interessante sul ruolo del siero utilizzato: con un chilo delle sue proteine si possono purificare 90mila litri di acqua: «ben più», aggiunge Mezzenga, «della quantità di acqua utilizzata da una persona nel corso della propria vita».
1 febbraio 2016
Per maggiori informazioni, clicca qui (sito del Politecnico di Zurigo)
Per scaricare lo studio integrale, segnaliamo la presenza di un link che lo rende disponibile gratuitamente (altrimenti è a pagamento) attraverso il sito web del quotidiano Le Monde (clicca qui; il link è al secondo paragrafo)