In uno scavo di 3mila anni fa le origini del norvegese Geitost

Archeologo al lavoto - foto Pixabay.com - Common Creative 0 License©Il fascino dell’archeologia risiede in un’infinità di aspetti che questa scienza possiede, e uno tra essi è quel suo aggiungere – scavo dopo scavo – qualcosa alle conoscenze pregresse. O addirittura quel correggerne alcune, riscrivendole. Come un nuovo tassello che, accostandosi ad altri, va a comporre o a ridefinire un puzzle senza fine. Sappiamo sempre un poco più di prima e un poco (o molto) di tutto, ma non sapremo mai tutto, del nostro passato, della nostra storia, della vita dell’uomo nel corso del tempo.

Ancora una volta, come già era accaduto in Ungheria e in  Cina nel 2014, o in Libia nel 2012, il formaggio dà qualche chiave di lettura alla vita di migliaia di anni fa, questa volta siamo nell’attuale Danimarca e la macchina del tempo ci porta a ripensare a come potevamo essere tremila anni fa. Ancora una volta del formaggio viene ritrovato nel vasellame, e stavolta è del formaggio bruciato.

Allo stesso modo in cui accade a noi oggi di poterci dimenticare qualcosa sul fuoco, per poi accorgercene quando però è ormai tardi, anche allora andò verosimilmente così, fatto sta che il recipiente utilizzato per la cottura non è nemmeno stato ritrovato in un ambiente domestico bensì in quella che all’epoca doveva essere una vera e propria pattumiera. Come se il cuoco, o il casaro che sia, avesse d’impeto deciso di disfarsi di tutto, chissà.

Il reperto ritrovato dagli archeologi danesi - foto Museo di Silkeborg©Ecco, questo piccolo “giallo” che caratterizza il recente ritrovamento – fatto da un gruppo di archeologi nello Jutland centrale – dà un enorme valore a quello che per il suo autore fu solo un episodio sfogato in una frustrazione, un’arrabbiatura, chissà. Fatto sta che per noi oggi si tratta di un elemento coglierne elemento utile a cogliere informazioni, dati e conferme. E magari nuove chiavi di lettura.

«Abbiamo trovato il vaso di argilla», ha spiegato il responsabile del gruppo di studio Kaj F. Rasmussen, del Museo danese di Silkeborg, «in quello che era una volta un pozzo. E, cosa assai curiosa, si trovava in ottime condizioni. Questo, di per sé, offre alla scoperta un elemento in più per emozionarci».

Ad una prima valutazione esteriore, il contenuto presente nel vaso non appariva per nulla facile da decifrare: oltre alla parte sul fondo, nera e verosimilmente carbonizzata, la materia in superficie aveva un colore giallognolo, che solo le analisi di laboratorio hanno potuto identificare. «Abbiamo prelevato un piccolissimo campione dei resti», ha spiegato il chimico Mads Chr. Christensen, «e lo abbiamo studiato utilizzando la spettrometria di massa. Una volta consultata la letteratura in questo campo, siamo giunti alla conclusione che si trattasse di grasso bovino».

Il reperto ritrovato dagli archeologi danesi. Al suo interno, il formaggio bruciato - foto Museo di Silkeborg©«Il grasso potrebbe appartenere alla cagliata», riprende Rasmussen, «in una produzione di formaggio duro tradizionale. Il siero di latte è bollito, sul fondo, e contiene molti zuccheri, che con una cottura prolungata possono essere conservati per l’inverno sotto forma di formaggio». Detta così, la produzione ricorderebbe quella dei formaggi norvegesi Brunost e Geitost (qui un nesso con la loro partizolare attitudine a bruciare, ndr), e che conforterebbe le tesi di quanti ritengono che quel derivato del latte, così particolare e con sentori di caramello, possa affondare le proprie radici nella preistoria.

A conferma dì ciò è arrivato quanto poi precisato dall’archeologo danese, secondo cui «è lo stesso metodo del formaggio marrone norvegese, per fare il quale si lascia bollire a lungo il siero e ciò che resta è una massa simile al caramello che viene trasformato oggi nel formaggio marrone che comunemente vediamo nei supermercati».

19 settembre 2016

Qui l’articolo dedicato alla scoperta dal sito web del Museo di Silkeborg