La notizia era nell'aria dal maggio dello scorso anno, quando in un convegno pubblico tenutosi nel cuneese, responsabili della sanità veterinaria ed esponenti del mondo scientifico presentarono ad un nutrito numero di allevatori i progressi fatti nel campo della scrapie caprina (malattia analoga al morbo della mucca pazza, leggi qui).
Si parlò di genetica animale, di soggetti resistenti (che non si ammalano di scrapie, ndr), di un semplice test genetico – del sangue o del pelo – che viene eseguito gratuitamente agli allevatori presso il Cea (Centro di Referenza Encefalopatie Animali) dell’Izplva (Istituto Zooprofilattico del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta). Nel corso dell’incontro vennero forniti ai presenti i principali fondamenti scientifici sulla resistenza genetica alla scrapie e furono presentati i progressi compiuti nella selezione di animali resistenti, le modalità per far eseguire le analisi e le chiavi di interpretazione dei risultati.
A distanza di poco più di un anno, giovedì scorso, la sede di Torino dell'agenzia di stampa Agi ha messo in rete una nota intitolata "Mucca pazza: italiani scoprono gene che salva caprini" che conferma i passi avanti compiuti dal laboratorio di genetica dell'Istituto Zooprofilattico cittadino. Il cento studi "ha scoperto una mutazione genetica che rende resistenti i caprini all'encefalopatia spongiforme. «La mutazione», spiega la dottoressa Maria Caramelli, direttrice generale dell'Istituto Zooprofilattico, «è naturalmente presente in alcuni animali e utilizzare per la riproduzione soltanto gli animali geneticamente resistenti può proteggere la popolazione da questa temibile malattia. Salvare gli animali e il lavoro degli allevatori sono le nostre priorità».
L'encefalopia spongiforme della capra costituisce un grave problema di sanità e benessere animale, ma non solo. I danni che provoca agli allevatori mettono spesso a repentaglio la sopravvivenza di molte attività e di un'economia diffusa non trascurabile, e questo perché il regolamento europeo prevede che anche per un solo capo infetto tutto il gregge debba essere abbattuto.
«Con un piano d'azione nazionale», ha sottolineato il professor Pierluigi Acutis, direttore dell'Izplva di Torino, «abbiamo coordinato l'analisi genetica di 5mila capi, creando una banca dati nazionale per sapere dove e quali sono gli animali resistenti. Forti di questa azione stiamo chiedendo all'Unione Europea, con il supporto del Ministero della Salute, di modificare il regolamento e salvaguardare, con la genetica, il patrimonio caprino».
19 settembre 2016
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