Il buon latte esiste e fa bene. Noi lo sappiamo, lo abbiamo sempre sostenuto con tutti gli argomenti del caso, con tutte le nostre energie, con le ragioni della buona scienza. Assieme a noi lo sanno le migliaia di lettori che ci seguono, che leggono, che approfondiscono, sapendo scegliere le proprie fonti di informazione. Da ieri qualcosa è cambiato però, visto che alcune decine di consumatori in più – quelli presenti al nostro incontro di sabato 1° ottobre (*) “Il buon latte esiste e fa bene”, per l’appunto – hanno piena cognizione della cosa e saranno poi a loro volta divulgatori della verità: per avere un buon latte l’erba e il fieno debbono essere alla base dell’alimentazione animale, non i mangimi.
Spingere le produzioni, forzare la natura delle lattifere significa inevitabilmente abbassare la qualità del latte. Ma anche perdere i micronutrienti nobili, impoverirli, e portare al decadimeno di alcuni macronutrienti, come i grassi ad esempio, che da buoni e utili nel caso di animali al pascolo volgono in non-buoni e dannosi quando la zootecnia è forzata, spinta, industriale.
Il mondo rurale vince, quando è virtuoso; l’industria perde sempre. Lo ha raccontato l’agronomo Fabio Brigliadori, certificatore biologico, che ha curato la parte di sua competenza, all’inizio della giornata, lo ha confermato poi l’esperienza della degustazione comparata di quattro latti interi freschi – due dell’erba e due dei mangimi – a cui è stato aggiunto un uht. Degustazione in cui tutti i presenti, nessuno escluso, hanno trovato differenze già nell’analisi visiva (avorio, giallino i primi, bianco i secondi) ma che nella comparazione olfattiva e gustativa hanno avuto l’inconfutabile responso: da una parte sensazioni come la fragranza, la burrosità, la mandorla, il floreale, tutte nettamente positive, dall’altra l’acidulo, il metallico, il bruciato, il caramellato, il cotto. Dieci a zero e palla al centro.
A guidare la degustazione, il maestro assaggiatore Donato Nicastro, uno dei massimi esperti del settore, con alle spalle una lunga esperienza come responsabile del caseificio sperimentale del Cra-Zoe (Centro Ricerca in agricoltura per la Zootecnia stensiva) di Bella, in provincia di Potenza, e poi i disciplinari scritti (e non è come scrivere un articolo!) per formaggi come il Pecorino di Filiano Dop e il Caciofiore della Campagna Romana, Presidio Slow Food.
Dopo la degustazione, Nicastro, che oggi è consulente di decine di caseifici artigianali in varie regioni d’Italia, ha gestito un interessante laboratorio di caseificazione, insegnando ai presenti come produrre – in casa o in caseificio – il formaggio cremoso spalmabile partendo da un buon latte, utilizzando per la prima trasformazione fermenti di una tipologia tra le due proposte (eterofermentanti e omofermentanti), entrambi reperibili in farmacia. Dalla seconda caseificazione in avanti, niente più fermenti bensì sieroinnesto, laddove questo può essere conservato in frigorifero o addirittura congelato.
La giornata è poi proseguita a tavola, con la degustazione guidata dei formaggi di tre aziende che basano sul pascolamento (e sulla somministrazione di buon fieno) la loro attività: Valle Scannese di Scanno (Gregorio Rotolo), Casa Lawrence di Picinisco (Loreto Pacitti), Ferrari Biolatte di Pecorile, nel reggiano (Remigio Ferrari). A seguire, un pranzo fuori dal comune, messo a punto dal padrone di casa, Mario Zappaterreno, titolare con la moglie Daniela Cioara dell’agriturimo La Mucca Ballerina: un’azienda agricola e agrituristica vera, che a tavola porta i prodotti della propria terra, che offre freschezza, stagionalità e sapienza nelle trasformazioni.
Mario ha così proposto un menù che a Roma nessun altro che lui è in grado di offrire: a cominciare dal pane di grano Solina (cultivar abruzzese) e sorgo (vi assicuriamo: crea dipendenza a chi conosca il buon pane, ndr), alla pasta all’uovo (uova davvero biologiche) fatta in casa, alle verdure dell’orto, còlte e cucinate, alla polenta realizzata con il proprio mais. Un vino biodinamico di buona beva e tanta tanta piacevole convivialità, hanno caratterizzato l’allegro desinare.
Ospite inatteso, giunto proprio all’ora del pranzo, in transito da Barcellona verso il Basso Lazio, è stato il professor Matteo Giannattasio, accademico dell’Università di Padova (agronomo, medico), vero e proprio luminare nel campo della buona alimentazione, che – appena circolata la notizia dell’evento – non ha saputo esimersi dal presenziare l’iniziativa “per poter incontrare persone così sensibili a questa tematica e per tornare ad assaggiare dei latti dal gusto antico e sano, prezioso alimento che dobbiamo e possiamo rivalutare”. Alla ripresa dei lavori, nel pomeriggio, il Professore ha cordialmente salutato gli astanti, non prima di essere riuscito a conquistare (come non accontentarlo!?) una bottiglia di latte della Cascina Roseleto, “da centellinare un poco alla volta, nei prossimi giorni”.
La giornata si è conclusa con l’interessante trattazione del nutrizionista dottor Loreto Nemi, che ha illustrato i risultati della ricerca operata dall’Università di Torino – DiSAFA sui Latti Nobili del Piemonte (rapporto Omega6/Omega3 l’1,1 r l’1,8 !) e su quattro tipologie di latte intero industriale (fresco, biologico, uht e microfiltrato, tutti con rapporto Omega6/Omega3 tra il 4.1 e il 4,7). Nemi ha parlato del miglior contenuto nutrizionale dei latti da mucche nutrite ad erba e fieno: più Omega3, maggiore contenuto di Cla (acido linoleico coniugato) e di acido butirrico, più antiossidanti (sottoforma di betacarotene e vitamina E). Tutti questi micronutrienti sono utili per per il benessere intestinale e per la prevenzione cardiovascolare.
L’iniziativa si è conclusa con la vendita di Parmigiano Reggiano biologico dell’Azienda Agricola Ferrari Biolatte, andato letteralmente a ruba in brevissimo tempo.
Tanti poi i capannelli creatisi spontanemente dai presenti al momento del commiato. In alcuni di essi è naturalmente montato il proposito di riprendere e rilanciare questa iniziativa in vari ambiti, andando a colpire diversi pubblici: da quello gourmet a quelli del vino e della birra, a quello della ristorazione.
Il piacere di esserci stati manifestato da alcuni dei partecipanti – tra tutti ricordiamo l’allevatrice Valentina Vidor (nella foto di apertura dell’articolo) di Ladispoli e il critico e blogger (La Natura delle Cose) pontino Gae Saccoccio – ci permettono di annunciare ai nostri lettori altre edizioni dell’incontro, che mai saranno uguali a sé stesse e che sempre e ugualmente si presenteranno cariche di stimoli, occasioni di conoscenza, dati, informazioni e di quel piacere di condivisione e socialità di cui ogni amante del buon cibo e della buona tavola non può e non deve fare a meno.
Tra un mese le analisi di laboratorio dei primi quattro latti
Il prossimo appuntamento – ne siamo certi – è già molto atteso dai partecipanti alla giornata romana: tra circa un mese Qualeformaggio presenterà i risultati delle analisi di laboratorio effettuate da uno dei più autorevoli istituti zooprofilattici operanti nel campo lattiero-caseario. Grazie ad esse misuremo finalmente la qualità del latte, che come le qualità degli alimenti in genere è
misurabile con esami di laboratorio. Il messaggio insito in questa nostra iniziativa è rivolto a tutti i consumatori, ma in primo luogo ai Gas (gruppi di acquisto solidali), che proprio grazie alla forza del gruppo, alla condivisione, possono e devono utilizzare l’arma delle analisi di laboratorio per sincerarsi, di tanto in tanto, della Qualità Reale del cibo che acquistano.
(*) organizzato da Qualeformaggio in collaborazione con il blog di cucina consapevole Il Pasto Nudo; svoltosi presso l’agrituriamo La Mucca Ballerina in località La Giustiniana, a Roma