Chiudiamo con questo articolo un breve ciclo di interventi (qui e sul mercato, il 1° ottobre a Roma, in una giornata di approfondimento su queste tematiche) che ci ha visto impegnati a sottolineare, con la massima concretezza, l’esistenza di due mondi del latte; due mondi ben distinti in ragione dell’alimentazione e della gestione del bestiame:
– erba e fieno, con limitate integrazioni proteiche e cerealicole di qualità; possibilmente nell’ambito della zootecnia estensiva;
– mangimi, ovvero insilati di mais e unifeed (detto anche “piatto unico”; qui un articolo che ne racconta le insidie); pressoché sempre in stalla, quindi zootecnia intensiva o industriale.
Bene, adesso, a ragion veduta [grazie alle analisi di laboratorio(*)] possiamo affermare che le differenze tra i latti (e di conseguenza i relativi derivati) esistono e sono abissali, in funzione della loro origine e natura, tanto da meritare – a nostro avviso – due denominazioni differenti (ma questa è utopia: vogliamo iniziare a scrivere “Latte” con la maiuscola o semplicemente “latte”?).
Per dimostrarlo abbiamo preso a campione due latti industriali di una marca diffusa molto capillarmente in Italia (ma ne avremmo potuti prendere altri similari e non sarebbe mutata la sostanza: ciò che conta non tanto è il nome o la marca ma l’origine del prodotto, la sua natura; ricordatelo sempre) e due latti che – lo ammettiamo – non sono facilissimi da reperire ma che vale davvero la pena andarli a cercare: uno presente in molti negozi del bio (bottiglia in vetro, biodinamico: non lo confondete con altri latti simili o dello stesso produttore), l’altro che rende fortunati i consumatori consapevoli di Torino e provincia (presente nei due punti vendita di Cascina Roseleto). Entrambi questi latti “estensivi” fanno parte di un crescente movimento del latte “dell’erba e del fieno” (Heumilch) che nel marzo scorso in Austria (dove i produttori iniziano ad essere parecchi e organizzati) ha conquistato il marchio di tutela STG dell’Unione Europea e una crescente notorietà che si spera possa far bene, di riflesso, nel tempo, all’intero mondo del “buon latte”.
A guidarci nella comprensione dei risultati – e delle macro-differenze tra le due famiglie di prodotti – i nostri letori troveranno l’articolo divulgativo del nutrizionista e dietista Dottor Loreto Nemi, in calce a questa introduzione, e la presentazione della analisi dei quattro latti a confronto (di taglio un poco più tecnico), pubblicata nella nostra Rubrica Tecnica (link in fondo a questa pagina).
Buona lettura quindi a tutti i consumatori consapevoli, alle persone curiose, e a quanti d’ora in avanti avranno il buonsenso di evitare i più gratuiti luoghi comuni che non fanno bene né al “buon latte” né a chi lo sta (o lo stava) cercando.
Come avevamo titolato in settembre, all’inizio di questo nostro ciclo di iniziative, ora possiamo ribadire il concetto che più conta, vale a dire che, senza timore di smentite, “Il buon latte esiste e fa bene”.
(*) eseguite da un campione per ciascun tipo di latte, nella sede di Brescia dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna
Il buon latte esiste e fa bene
Capire le analisi di laboratorio per decidere come nutrirsi
del Dottor Loreto Nemi
nutrizionista e dietista
Quando si parla di alimenti accade spesso di trascurarne la natura, l’origine, e a dividerli, bene che vada, in due grandi famiglie: quelli che fanno bene e quelli che fanno male alla nostra salute. L’alimento può essere di per sé dannoso, oppure c’è dell’altro? Ecco il caso emblematico del latte e dei formaggi, demonizzati negli ultimi tempi in quanto molto ricchi di grassi saturi e di colesterolo. In realtà, nel dire questo, troppo spesso ci si dimentica che il contenuto nutrizionale del latte e dei formaggi cambia molto in base al tipo di alimentazione con cui i ruminanti sono stati allevati.
La differenza è nell’alimentazione (e nel benessere) della vacca
L’alimentazione al pascolo e a base d’erba fresca (e, in mancanza di questa, di erbe correttamente essiccate, quindi di buon fieno polifita) permette la produzione di formaggi e latti sicuramente diversi e oserei dire contrapposti ad analoghi prodotti derivati da animali alimentati a base di cereali insilati, di soia e mangime (leggi qui le criticità degli unifeed altrimenti detti “piatto unico”). Per realizzare questo articolo sono state prese in esame delle analisi basate su quattro diversi campioni di latte, commissionate dalla redazione di Qualeformaggio al laboratorio di analisi di Brescia dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna: due latti che si possono trovare un po’ in tutta Italia (ne abbiamo provati due tra i più venduti: Granarolo Bio, da allevamenti biologici in Lombardia e in Emilia Romagna e Granarolo Alta Qualità, da allevamenti selezionati 100% italiani) e due di minore reperibilità: uno biodinamico bavarese, reperibile nei maggiori negozi del biologico (cooperativa Berchtesgadener) ed uno piemontese (Cascina Roseleto), commercializzato solo nel torinese.
L’esito delle analisi
Cosa è emerso dalle analisi? Facendo riferimento al contenuto dei grassi, il latte di queste due realtà “minori” ha una percentuale di grassi insaturi e polinsaturi molto più alta, ed una percentuale assai più bassa di saturi. Inoltre, nel latte della Berchtesgadener e di Cascina Roseleto è migliore il rapporto Omega 3 e Omega 6, quindi sono più bassi gli Omega 6 e leggermente più alti gli Omega 3.
Cosa significa tutto questo, in termini nutrizionali e salutistici? Che viene, dunque, meno il luogo comune secondo cui il latte e i formaggi possono “far male” sempre e comunque. Nel latte e nei formaggi da allevamento ad erba (e/o fieno, in cui una minima integrazione con buoni cereali è concessa) vi è un acido grasso chiamato acido vaccenico, che è il naturale precursore di un altro acido grasso detto CLA (acido linoleico coniugato). Si tratta di un acido monoinsaturo della serie trans, in questi ultimi anni molto demonizzati da tanta generalizzazione.
Gli acidi grassi non son tutti uguali
Bisogna tener conto però che gli acidi grassi trans non sono uguali. Infatti, il CLA ha dimostrato in vitro un’interessante attività anticarcinogenica e antiaterogena, la propensione a modulare il sistema immunitario, a svolgere un’attività antidiabetica e ad aiutare a migliorare il rapporto fra massa corporea grassa e massa corporea magra dell’individuo che se ne nutra.
Purtroppo, negli ultimi cent’anni, nella classica dieta occidentale, il rapporto tra Omega 6 ed Omega 3 si è alterato a favore degli Omega 6 e a sfavore degli Omega 3: il rapporto ideale dovrebbe essere pari o inferiore a 4:1 e purtroppo è, invece, di 10:1. È importante sottolineare che noi abbiamo bisogno di entrambi, ma l’eccessivo consumo di grassi Omega 6 causa un aumento dell’infiammazione, favorendo la comparsa di patologie coronariche, ipertensione, diabete di tipo 2 e disordini immunitari. Gli Omega 3, invece, sono antiinfiammatori. Si tende a consumare troppo Omega 6 in quei regimi alimentari ricchi di alimenti junk food con oli vegetali di scarsa qualità. Quindi ancora una volta la parola chiave è equilibrio. Il latte prodotto da animali allevati al pascolo (e, nella stagione avversa da fieni polifiti), rispetto a quello da animali allevati industrialmente vanta quindi una maggior presenza di Omega 3.
Il latte e i formaggi provenienti da vacche al pascolo sono anche più ricchi di betacarotene e di retinolo, sostanze dal potere antiossidante, in grado di rafforzare il sistema immunitario, utili per la pelle e per la vista.
Conclusioni
In conclusione, ancora una volta bisogna ribadire che non si può avere una considerazione a senso unico, quando si parla di cibo in generale, né di latte e formaggio in particolare; bisogna, invece, tenere sempre conto della effettiva qualità di ogni alimento, della sua natura, della sua origine. Non tutti i latti né tutti i formaggi fanno male, quindi: una loro presenza ponderata nella nostra dieta può addirittura allungare la vita! Lo dimostra il fenomeno dei non pochi sardi che, nutrendosi anche di formaggi (da zootecnia estensiva!), riescono brillantemente a superare i cent’anni d’età.
Per un approfondimento, indirizzato a chi abbia conoscenze specifiche della materia, vi rimando alla presentazione tecnica dei risultati, nella rubrica tecnica di questo sito.
Dottor Loreto Nemi
dietista e nutrizionista
www.mangiasano.me
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Per approfondire e visionare le analisi complete dei quattro latti, clicca qui
7 novembre 2016