In un futuro neanche troppo lontano, la sanificazione necessaria al latte crudo per essere immesso in commercio potrebbe non avvenire più tramite il processo termico della pastorizzazione. Lo ha reso noto la Texas A & M University ufficializzando i primi e positivi esiti di un nuovo metodo di trattamento, in grado di neutralizzare i batteri nocivi senza compromettere eccessivamente il corredo nutrizionale del buon latte crudo (che, lo ripetiamo ancora una volta, è buono se le vacche sono nutrite ad erba e fieno polifiti, non a mais e unifeed, ndr).
Interpellato dalla stampa statunitense, il responsabile del gruppo di ricerca impegnato nello studio, il professor Suresh Pillai, ha precisato che «il latte crudo ha agenti patogeni nocivi che dobbiamo eliminare» perché «bere il latte crudo è come giocare alla roulette russa»: una volta può andarti bene, ma prima o poi la fortuna ti presenterà il conto. Il professor Pillai ha spiegato per grandi linee come funzionerà il nuovo trattamento, ottenuto con la fisica delle particelle, utilizzando un particolare fascio di elettroni.
Cosa si perde (o guadagna) se non si pastorizza – Prima di capire le peculiarità del nuovo trattamento – ancora in fase di sperimentazione – sarà però bene focalizzare i limiti presunti della pastorizzazione (il latte è portato a 72ºC per 15 secondi e poi raffreddato rapidamente), che oltre ad uccidere i batteri nocivi eliminerebbe anche una parte di quelli buoni, modificando anche il valore nutrizionale del latte, a partire dalle proteine e dalle vitamine in esso contenute.
D'altro canto, i presunti vantaggi che si avrebbero nel consumare latte crudo (nei soggetti allergici e in quelli sofferenti di asma, si dice) non meritano di essere neanche valutati, tanto alti sono i rischi nell'assunzione del prodotto non trattato (listeria, tubercolosi, escherichia coli, etc.).
In sostanza, un trattamento è necessario, per "bonificare" il latte crudo, e il lavoro dell'equipe dell'università texana è rivolto a garantire tutti i vantaggi della pastorizzazione, puntando però ad ottenere un latte trattato caratterizzato da una qualità nutrizionale e da un'integrità superiori.
I limiti del trattamento con fasci di elettroni – Il trattamento testato dal gruppo di lavoro guidato dal professor Pillai è consistito nel portare il latte all'interno di una sacca e di bersagliarlo con una dose di elettroni uniformemente distribuita, generata da un acceleratore lineare.
Lo studio è ritornato su tecniche testate in precedenti sperimentazioni, adottando alcuni accorgimenti mai provati prima, confermando le potenzialità e i limiti sinora individuati, cercando di lavorare sulla valorizzazione delle prime e sulla soluzione dei secondi.
La sperimentazione condotta dai ricercatori della Texas A & M University avrebbe confermato da un canto la capacità di questa tecnica di eliminare i batteri "cattivi" presenti nel latte, e da un altro canto avrebbe confermato che il trattamento con il fascio di elettroni incide negativamente su alcune molecole utili del latte come – ad esempio – la riboflavina (vitamina B2, particolarmente presente nei prodotti da animali allevati ad erba e fieno polifiti). A seguito del trattamento, essa risulta infatti ridotta del 32% circa rispetto a quella presente in partenza, nel latte crudo. Ma non solo, perché – hanno ammesso i ricercatori statunitensi – si dovrà ancora lavorare su uno degli aspetti più controversi che questa tecnica implica, vale a dire sull'ossidazione (quindi sul decadimento) di alcuni grassi, strettamente legata all'utilizzo dei fasci di elettroni.
Un altro aspetto allo studio del professor Pillai e dei suoi collaboratori riguarda i venti composti volatili individuati nel latte dopo il trattamento, sei dei quali avrebbero un odore strettamente associato al latte così trattato. Anche su questo fronte serviranno molti ulteriori passi in avanti per interpretare le correlazioni tra di essi e i componenti nutrizionali del latte così trattato.
Intervistato sui possibili scenari futuri, il professor Pillai ha chiaramente detto che una volta messa a punto, questa tecnologia potrebbe essere più interessante per piccole aziende che per grandi gruppi industriali, per cui l'auspicio espresso è quello di poterla rendere disponibile sul mercato a costi per esse accessibili.
19 giugno 2017
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