
“Ai terremoti non v’è rimedio alcuno. Se il cielo ci minaccia con le folgori, pure si trova scampo nelle caverne. Ma contro i terremoti non vale la fuga, non giovano nascondigli”: il pensiero di Francesco Petrarca (espresso nel suo volume “Secretum”), riportava i sentimenti del sommo poeta, a seguito di uno dei più gravi terremoti del tempo, quello che nel settembre del 1349 scosse (6.3 della scala Richter) l’Appennino abruzzese – e in particolare l’aquilano – giungendo a farsi sentire nel Lazio, in Molise e nelle Marche. E radendo al suolo la cittadina di Pescasseroli, provocando più di mille vittime.
A confutare il sentimento di ineluttabilità che da sempre e ancor oggi accompagna i sismi, giunge oggi la notizia di una ricerca che aggiunge alla mite pecora un merito ulteriore ai già molti che la specie ovina si è saputa conquistare nei settemila anni di convivenza con il genere umano, a partire dagli albori della domesticazione. Oltre a donarci latte, carne, lana (che per nostra negligenza non sappiamo quasi più valorizzare), la pecora, come anche il tacchino, può svolgere un ruolo decisivo nella predizione dei terremoti.
A giungere a questa conclusione è stato lo scienziato tedesco Martin Wikelski, che nei giorni scorsi ha concluso un lungo lavoro di monitoraggio sul gregge di un’azienda di Pieve Torina, in provincia di Macerata, uno dei paesi devastati dal terremoto del 26 ottobre scorso.
«La scoperta», ha assicurato Wikelski, «apre nuove strade allo sviluppo delle tecnologie e dei sistemi di allerta, permettendo il salvataggio di centinaia di persone».
Dopo le prime scosse sismiche che nell’autunno scorso misero in ginocchio il Centro Italia, Wikelski, che è direttore dell’Istituto di Ornitologia “Max Planck” di Radolfzell, nel circondario di Costanza, in Germania, si precipitò nelle zone terremotate. Un’occasione d’oro per lo scienziato, che da anni lavora per dimostrare che la tesi secondo cui gli animali percepiscono un sisma in anticipo ha una sua ragion d’essere che va ben oltre le sole credenze popolari.
Il viaggio dello scienziato tedesco, accompagnato dal suo project manager Uschi Muller è stato presto accompagnato dall’interesse di media internazionali come il New York Times, che di Wikelski ha raccolto commenti e sentimenti: «Siamo dei pazzi», perché «senza dati importanti alla mano è difficile ottenere finanziamenti per questo nostro progetto». Ed è proprio alla luce di questa consapevolezza che il gruppo di lavoro si è messo subito all’opera, non appena dopo le prime devastanti scosse.
E così, in men che non si dica, l’azienda dei fratelli Angeli, che produce formaggio e altre specialità locali, si è trasformata per alcuni mesi nel laboratorio in cui lo studio è stato condotto. «Dopo quello che abbiamo vissuto», ha spiegato all’Agi (Agenzia Giornalistica Italia), Luca Angeli, «era il minimo che potessimo fare».
E così è stato che nell’azienda di Pieve Torina i due ricercatori, assieme ai fratelli Angeli, hanno applicato degli strumenti elettronici alimentati con piccoli pannelli solari su conigli, pecore, vacche, tacchini, polli e cani. Il dispositivo, in grado di registrare il movimento degli animali secondo alcuni parametri (direzione, velocità, altitudine, temperatura, umidità, accelerazione e localizzazione) «è una sorta di piccola scatola nera piena di informazioni», ha spiegato Wikelski, che ha sottolineato l’importanza di tracciare diverse specie di animali, per «ottenere un sistema di percezioni collettive» che il direttore dell’istituto “Max Planck” si diverte a definire “l’internet degli animali”.
L’auspicio adesso è che i dati, attualmente allo studio, siano in grado di mostrare diversi comportamenti prima, durante e dopo un sisma. Lo studio fa parte di un progetto russo-tedesco più ampio, chiamato Icarus (International Cooperation for Animal Research Using Space): un sistema di monitoraggio satellitare che traccia decine di specie animali grazie a dispositivi alimentati a energia solare.
I primi risultati sono confortanti – Dopo una breve pausa invernale, i due ricercatori sono tornati in aprile a Pieve Torina, per analizzare i dati raccolti e – sebbene, Wikelski non possa rivelare i dettagli dello studio prima che questo sia pubblicato su una rivista specializzata – lo scienziato ha deciso di anticipare al New York Times che i risultati sono molto soddisfacenti, confermando il detto popolare secondo cui gli animali cambierebbero comportamento con l’approssimarsi delle scossa di terremoto. O per meglio dire diverse ore prima che il terremoto porti morti, feriti e devastazione nei territori colpiti.
Nell’attesa che lo studio venga pubblicato, divulgando l’esito della ricerca e le indicazioni utili a gestire in futuro gli eventi sismici, vale la pena dare un’occhiata ad uno dei precedenti studi che Wikelski ha compiuto sinora, vale a dire quello che nel 2012-14 lo vide impegnato a monitorare capre e pecore sul monte Etna (qui un interessante articolo, in tedesco), nella previsione delle eruzioni laviche.
26 giugno 2017