Più lo si studia, più lo sia analizza, e più si scopre che il latte è un alimento dalle infinite risorse, utili anche oltre ciò che sino a ieri era lecito credere. Lo ha ribadito di recente il gruppo interdisciplinare di ricercatori – biologi, biotecnologi e ingegneri biomedici – dell’Università di Pavia coordinato dal professor Paolo Magni, docente del corso in bioingegneria, che all’interno del sesto iGem (International Genetically Engineered Machine) di Boston, ha conquistato il “Best Food and Energy Project” grazie ad una ricerca sulle proprietà del siero del latte.
Il merito riconosciuto dalla giuria del concorso al team lombardo è stato quello di aver saputo combinare la capacità di alcuni batteri e funghi di metabolizzare il lattosio, digerendolo in glucosio, con la possibilità di ricavare etanolo ad alta efficienza partendo dal glucosio, attraverso i processi di fermentazione.
Quel che in natura avrebbe solo possibilità teoriche di sortire effetti utili, è stato raggiunto a Pavia attraverso l’uso del batterio escherichia coli (uno dei principali responsabili di numerose e diffuse infezioni umane, soprattutto a carico degli apparati gastrointestinale e urinario) che combinato a tre enzimi principali (beta-galattosidasi, piruvato-decarbossilasi e alcol-dehydrogenasell) è in grado – hanno appurato i ricercatori – di dare luogo ad una ottimale trasformazione, rendendo altamente efficiente la conversione, grazie anche all’ottimizzazione delle reazioni metaboliche e al potenziamento delle prestazioni della conversione stessa.
I risultati dello studio italiano aggiungono così un’ulteriore e più profonda conoscenza a quanto già raggiunto dalla scienza Usa e dai laboratori di produzione di quel Paese, che in California e in Minnesota stanno già producendo etanolo dal siero del latte da alcuni anni.
Se i risultati verranno confermati appieno dalla sperimentazione futura, il siero del latte potrà non essere più considerato un “rifiuto speciale”, destinato ad un oneroso smaltimento, bensì una risorsa realmente utile a produrre uno dei più discussi carburanti “tecnologici” del momento.
Una prospettiva nuova e alternativa per un derivato del tanto latte industriale (da zootecnia intensiva, responsabile di inquinamento della falda acquifera e di impatto ambientale da monocolture intensive), che noi personalmente evitiamo di bere tal quale e di mangiare in forma di formaggio (quale formaggio?). A buon intenditor…
30 novembre 2009