Una volta tanto qualcuno pare essere profeta in patria. Stiamo parlando del gruppo di lavoro che fa capo al professor Paolo Pintus, del Centro per le malattie dismetaboliche e l’arteriosclerosi dell’ospedale Brotzu di Cagliari, che ieri ha presentato in una conferenza i risultati di una ricerca sul latte e i formaggi ovini prodotti da pecore allevate secondo una particolare dieta.
Oltre a pascolare liberamente, quindi a nutrirsi di erba, com’è logico che sia per qualsiasi ovino, le pecore monitorate all’interno di questo progetto sono state nutrite anche con cereali e per lo più con semi di lino, portando i ricercatori ad acquisire risultati davvero sorprendenti. Innanzitutto che il latte così prodotto è in grado di ridurre il colesterolo “cattivo”, grazie alla forte e naturale presenza di grassi polinsaturi e Cla (acido linoleico coniugato).
La ricerca, che è stata coordinata dall’Università di Pisa e alla quale hanno partecipato gli atenei di Firenze, Cagliari, Sassari, Salerno, Milano, Bologna e Piacenza, oltre che l’Istituto nazionale ricerca alimenti e nutrizione di Roma- si inquadra in un progetto nazionale triennale finanziato da vari Ministeri tramite il Fisr (Fondo integrativo speciale per la ricerca), mira a migliorare in modo naturale e senza l’utilizzo di farmaci la qualità dei cibi che finiscono nelle tavole degli italiani.
Il formaggio “anticolesterolo” nasce da una speciale miscela alimentare a base di mais, orzo e soprattutto semi di lino, che permetterebbero di quintuplicare il contenuto di Cla (acido linoleico coniugato), molto efficace contro il colesterolo “cattivo”.
La sperimentazione è stata interamente condotta in Sardegna, presso il Centro per le Malattie Dismetaboliche dell’Ospedale Brotzu che ha operato in stretta collaborazione col Dipartimento di Biologia Sperimentale dell’Università di Cagliari. All’interno della struttura ospedaliera e sotto stretto controllo medico una sessantina di volontari divisi in due gruppi hanno consumato ogni giorno per tre settimane una porzione dello speciale formaggio. Un primo gruppo, composto da individui con colesterolemia normale, non ha evidenziato variazioni nel proprio stato di salute. Il secondo gruppo, che aveva prima della ricerca livelli di colesterolo cattivo moderatamente superiori alla media, e’ riuscito addirittura a ridurre l’ Ldl-c del 10 per cento. Il Cla (acido linoleico coniugato) è un acido grasso con 18 atomi di carbonio e due doppi legami; a differenza dell’acido linoleico i doppi legami nel Cla sono coniugati, quindi separati da un solo legame semplice invece di due.
Il Cla può essere sintetizzato in laboratorio a partire dall’acido linoleico, ma è anche un costituente naturale presente in numerosi alimenti, prevalentemente nei prodotti lattiero-caseari e nella carne dei ruminanti, in quanto prodotto da batteri anaerobi durante la ruminazione (bioidrogenazione).
Il Cla, come componente del grasso del latte, fu scoperto nel 1932 e strutturalmente determinato negli anni Quaranta. Tuttavia, le prime evidenze sulle proprietà benefiche del Cla come sostanza biologicamente attiva furono scoperte accidentalmente negli anni ’80 e ulteriormente approfondite nel corso degli ultimi decenni. Sono ormai numerosi anche gli studi sull’uomo, nei quali si è visto che il Cla è in grado di migliorare la risposta immunitaria e modificare la composizione corporea, riducendo la massa grassa ed aumentando la massa magra. Inoltre diversi studi recenti dimostrano che l’isomero naturalmente presente nei prodotti lattiero caseari è capace di diminuire i livelli del colesterolo Ldl.
«Il formaggio in questione è un prodotto assolutamente naturale, privo di aggiunte chimiche», sottolineano all’unisono il professor Stefano Banni, docente di Fisiologia all’Università di Cagliari, e il dottor Paolo Pintus, responsabile del Centro per le malattie dismetaboliche dell’ospedale Brotzu. «Nessuna scoperta sensazionale, dunque», hanno proseguito i due ricercatori, «ma solo il ritorno a metodi di allevamento tradizionali, senza sofisticazioni».
Un’indicazione importante per il mercato agroalimentare di qualità. Si valuta che l’apporto alimentare di Cla fosse notevolmente maggiore 40-50 anni fa, quando la produzione di latte e derivati per l’alimentazione umana proveniva soprattutto da ruminanti alimentati al pascolo, che fornisce latte con elevate concentrazioni di Cla. Le tecniche attuali di allevamento intensivo hanno diminuito drasticamente la pratica del pascolo, riducendo di conseguenza i livelli di Cla nel latte, parallelamente a quanto si rileva negli allevamenti ittici intensivi, dove si assiste ad un calo significativo dei livelli di acidi grassi Omega 3 rispetto ai prodotti ittici pescati in mare aperto.
6 maggio 2010