Da recenti studi compiuti nell’ambito europeo, e conclusisi nei giorni scorsi in Spagna, arrivano buone notizie circa una possibile rivalutazione del siero residuo delle lavorazioni casearie, sinora trattato come rifiuto speciale (e quindi con i costi derivanti dal suo smaltimento) e che grazie alle ricerche sviluppate negli ultimi anni viene ora rivalutato come fonte di elementi utili (sali e lattosio) per l’industria farmaceutica e cosmetica.
Il progetto, che ha preso il nome di Whetlac, ha coinvolto nove caseifici e varie aziende e centri di ricerca farmaceutici in Italia, Regno Unito Austria e Romania, oltre che in Spagna. Essi hanno lavorato per due anni con l’obiettivo di sviluppare nuove tecniche per ottenere l’acido lattico dal siero e utilizzarle come additivo per farmaci e nella produzione di materiali polimerici biocompatibili. Ne ha dato notizia nei giorni scorsi la società spagnola per l’informazione scientifica Plataforma Sinc.
I ricercatori Monica Ruiz e Francisco Javier Gutierrez, esperti nel campo della chimica alimentare presso il centro tecnologico Cartif di Valladolid, coinvolto nel progetto, hanno spiegato che il lattosio ottenuto dal siero del latte può essere purificato e utilizzato, oltre che nei settori farmaceutico e cosmetico, anche in quello alimentare, in qualità di additivo.
«L’acido lattico», hanno aggiunto i due, «è una molecola molto importante nella mondo dei biopolimeri e dei nuovi materiali, ed è una base chimica che ha molte applicazioni», quindi il primo passo dell’operazione è stato quello di «trasformare il lattosio in acido lattico, purificandolo il più possibile».
Il progetto Whetlac, che è stato sostenuto dall’investimento-record di 1,26 milioni di Euro (un milione dei quali finanziati dall’Unione Europea) punta a sostenere le Pmi del settore caseario (rappresentano circa il 99% dei produttori e generano quasi il 50% della produzione complessiva, dando lavoro a più del 60% dei lavoratori) spostando il “prodotto” siero dall’ambito delle voci di spesa a quello dei ricavi. La leva per operare questa articolata operazione è stata anche quella dell’impatto ecologico che il siero, in quanto rifiuto speciale, ha sull’ambiente.
I costi per raggiungere i risultati necessari a soddisfare gli alti standard qualitativi richiesti dall’industria farmaceutica pare non siano irrisori, ma la partita si giocherà sull’utilità che l’acido lattico potrà rivelare come conservante. Allo stato attuale le prospettive prefissate rimangono tutte in piedi, e la notizia che il gruppo di aziende coinvolte si avvierebbe a brevettare il processo di lavorazione lascia pensare che i tempi necessari a occludere i lavori siano brevi.
Il processo fermentativo che è alla base della trasformazione da lattosio in acido lattico è basato sull’uso di batteri lattici altamente performanti che sono monitorati in tempo reale attraverso sonde Nirs (Near Infra-Red Spetroscopy). Si apprende infine che per l’estrazione dell’acido lattico verranno utilizzate tecnologie appartenenti alla cosiddetta “green chemistry”, al fine di ottenere un processo altamente sostenibile ed eco-compatibile.
Infine, i nomi delle realtà coinvolte: Fundaciòn Cartif (Spagna), Porto Conte Ricerche srl (Italia), Natex Prozesstechnologies gesmbh (Austria), Hijos de Salvador Rodriguez s.a. (Spagna), Fratelli Pinna Industria Casearia spa (Italia), Highland Fine Cheeses ltd (Gran Bretagna), Industria Lacto Mures srl (Romania), Ragactives (Spagna) e Biofarmitalia spa (Italia)
20 maggio 2011
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