Mentre l’Europa intera ancora s’interroga sulla nuova variante di escherichia coli che ha mietuto sinora ventinove vittime, un’altra insidia si affaccia al mercato senza tanti clamori (i media sembrano più preoccupati di non allarmare che d’informare, ndr) nel mondo della zootecnia intensiva . A far parlare di sé, ancora a bassa voce e in circuiti “specializzati”, è un nuovo ceppo di stafilococco aureus rintracciato nel latte vaccino e già presente in alcuni consumatori nel Regno Unito e nella Danimarca. La preoccupazione maggiore ad oggi è che il batterio è resistente alla meticillina.
Mentre i ricercatori di Cambridge si dicono preoccupati per i problemi di salute pubblica che ne potrebbero derivare, il periodico Lancet tranquillizza i propri lettori assicurando che la pastorizzazione del latte scongiurerebbe ogni conseguenza per la salute umana.
Il batterio, che in Inghilterra è stato battezzato Mrsa (acronimo di stafilococco aureo meticillino resistente) è però già divenuto una minaccia per gli ospedali di tutto il mondo, perché gli studiosi gli riconoscerebbero la capacità di essere letale nei casi di contaminazione di ferite.
Il team di ricercatori dell’università inglese è incappato nel nuovo batterio nel corso di uno studio sulla mastite, problema dilagante nella zootecnia intensiva. In varie analisi compiute su diversi animali di diverse fattorie, gli studiosi hanno rintracciato il medesimo gene mutato (in 13 campioni su 940, prelevati in 450 allevamenti di bovine da latte del Paese).
Altri studi, condotti su persone contaminate dall’Mrsa hanno permesso di rintracciare lo stesso ceppo in Scozia (12 casi), in Inghilterra (15) e in Danimarca (24). Al compimento della prima fase di studio, gli scienziati hanno già ipotizzato la trasmissibilità tra bovini ed esseri umani, affermando che chi lavori nelle stalle e nelle aziende lattiero-casearie è maggiormente esposto rispetto a chi non vi lavori.
10 giugno 2011
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